Chef Mainardi, il biondo atomico sbarca in Connecticut

Il cuoco bresciano, noto per la presenza a «La prova del cuoco» e per Officina Cucina di via San Zeno, pronto a sbarcare negli Usa
Chef Mainardi, cuoco oltreoceano
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Andrea Mainardi si mette ai fornelli e improvvisa un piatto di spaghetti con alloro, aglio, peperoncino e castagne sbriciolate. Con il «biondo atomico», come piace farsi chiamare allo chef, bergamasco di natali ma bresciano d’adozione, noto anche per la sua partecipazione a «La prova del cuoco», targata Raiuno l’improvvisazione e un pizzico di sana anarchia non mancano mai.

E così, mentre nel suo locale «Officina cucina», in via San Zeno, aperto nel 2007 e poi ristrutturato e rilanciato nel 2010 (la cifra distintiva un solo tavolo, massimo per dieci persone, niente menù classico ma saperi culinari e sapori tutti da gustare, e degustare) ci racconta della sua nuova avventura americana, il ristorante O. C. Kitchen bar che aprirà in primavera in quel di Rocky Hill, nel Connecticut, cucina per noi in diretta.

L’inconfondibile zazzera bionda, incontenibile, la voce che si fa più dolce quando parla della figlia Michelle, sei anni, Mainardi ci riporta a qualche anno fa, quando è nata l’idea di sbarcare in terra americana. Idea, ci tiene a ricordarlo, che ha avuto per primo Daniele Triva, ingegnere e imprenditore, presidente della Copan di Brescia, prematuramente scomparso. «Mi ha convinto e da lì siamo volati nel Connecticut, saranno stati quattro anni fa. E ho conosciuto quello che è il mio socio americano nel ristorante, Lorenzo Di Clemente. Quando Daniele è mancato, anche parlando con la sua famiglia, abbiamo deciso di andare avanti».

Non è la prima volta in America per Mainardi, visto che ha già fatto da consulente all'apertura di un locale a Manhattan, "The Bowery House", ma certo un ristorante tutto suo, oltre oceano, è tutt’altra cosa. O. C. come Officina Cucina, il marchio Mainardi nella terra a stelle e strisce. Ci conduce per mano, con l’immaginazione, dentro O. C Kitchen bar, sessanta tavoli all’interno, altrettanti posti fuori: il bancone con i classici sgabelli, dove si può mangiare, ma anche bere un cocktail, guardando una partita di football americano o di baseball sui sei schermi («gli americani non possono rinunciare ai loro sport nazionali, neanche mentre mangiano», scherza Mainardi), poi la seconda zona dove farà bella mostra di sé un forno a legna per la pizza, infine la cucina. «Una webcam in cucina inquadrerà la preparazione della pasta fresca e lo si potrà vedere su uno degli schermi al bancone», spiega Mainardi.

E i piatti? Ovviamente le ricette saranno quelle italiche, esportate in quel lembo della provincia americana dove è ancora in funzione un ferry boat. Nel menù ci saranno anche tagliatelle, e quelle al ragù non mancheranno, e almeno dodici tipi di risotti. «Voglio sperimentare una cucina rapida, in cui i piatti della tradizione italiana, come le tagliatelle, possano essere gustati anche come take away. Mantenendo intatta la genuinità. Abbiamo già studiato bene la formula. Mi piacerebbe che diventasse una sorta di catena».

Paola Gregorio

 

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