Agosto record alla mensa Menni: sempre più persone cercano un pasto

Per i volontari che gestiscono la struttura quello delle ferie è un periodo di iper lavoro: fino a 175 presenze al giorno, 30% sono italiani
  • Un pranzo alla Mensa Menni in via Vittorio Emanuele II
    Un pranzo alla Mensa Menni in via Vittorio Emanuele II
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Decine, centinaia di persone ogni giorno si mettono ordinatamente in coda in via Vittorio Emanuele II. Attendono che si apra un gigantesco portone in legno incastonato in una grande muraglia dal sapore antico. Ma il romanticismo da fiaba è soltanto apparente, perché quello è l’accesso per la mensa Menni, una mensa per i poveri si sarebbe detto un tempo, oggi una tavola dove trovare certo un pasto caldo, ma anche luogo accogliente a tutto tondo. Dove non sentirsi soli.

Un impegno non da poco per i volontari che tengono accesa la fiamma della speranza, un servizio che non si è mai fermato neppure durante il Covid, anzi, nei mesi più bui della pandemia (non si pranzava in mensa ma il cibo veniva consegnato) si è deciso di non chiudere neanche la domenica, una scelta confermata:la Menni è ora aperta tutti i giorni dell’anno. Sempre aperta.

Storie di solitudine

E così agosto, che nel nostro immaginario è il mese delle ferie per antonomasia, per la mensa è un periodo di iper lavoro, altre strutture caritatevoli della città in questo periodo non sono infatti operative. «In media serviamo 150 pasti al giorno - spiega Giambattista Treccani, responsabile della mensa Menni -, numeri cresciuti in modo significativo durante i difficili mesi della prima ondata del Covid, ma che poi non sono più calati. Anzi: sono aumentati ancora».

Una volontaria serve il pranzo a due avventori - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
Una volontaria serve il pranzo a due avventori - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it

Giambattista è un uomo che ha trasformato il lavoro alla mensa nella vocazione della sua vita, non si occupa solo che vengano serviti pasti, vuole che le persone si sentano prima di tutto accolte, non è retorica banale da buoni sentimenti: è un impegno concreto, ogni giorno dell’anno. Quindi, ovviamente, anche durante le feste, quando ci si ritrova in famiglia.

Ma purtroppo non è così per tutti, Ferragosto è stato emblematico da questo punto di vista: alla mensa Menni gli ospiti sono stati addirittura più del solito, superando le 175 presenze. «Fino a qualche anno fa - prosegue Treccani - il 15 agosto c’erano pochissime persone, molti venivano ospitati dai parenti, almeno quel giorno potevano sentirsi a casa. Poi qualcosa è cambiato e il virus ha dato il colpo di grazia, i nostri ospiti (ovviamente per mille motivi) ora sono letteralmente soli e isolati dal resto del mondo». Ed ecco allora che la mensa diventa uno dei pochissimi punti fermi della loro vita, un luogo imprescindibile.

Ogni ospite che arriva alla Menni viene registrato, questo viene fatto, continua il responsabile, «non solo per avere un quadro della situazione, lo facciamo anche perché la raccolta dei dati diventa l’occasione per un primo incontro con le persone, per fare due parole, per farle sentire meno sole, questo è per noi fondamentale».

L'impegno dei volontari

La mensa Menni è nata in occasione del Giubileo del 2000 su iniziativa della Caritas diocesana, delle Suore Ancelle della Carità (la struttura è dedicata a suor Eugenia Menni, loro indimenticabile superiora generale della congregazione suor Eugenia Menni) e di altre realtà caritative della Diocesi. La mensa è gestita dall’associazione Casa Betel 2000 ed è sostenuta anche con il contributo dei Fondi 8xmille della Chiesa cattolica. Negli anni non è mai stato tradito lo spirito iniziale: «La mensa per i poveri si propone di fornire un pasto caldo alle persone senza fissa dimora o in situazione di emarginazione grave e di offrire un momento di accoglienza e di ascolto finalizzato a orientare le persone verso la rete dei servizi presenti sul territorio».

Durante l'anno, i pranzi serviti ogni giorno sono in media 150 - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
Durante l'anno, i pranzi serviti ogni giorno sono in media 150 - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it

Tra i servizi correlati, «Strada facendo» è un progetto di educazione alla salute che prevede la presenza, appunto presso gli spazi della mensa Menni, di un’infermiera per alcune ore alla settimana, e di una ambulanza di Croce Bianca utilizzata per assicurare prestazioni infermieristiche, ascolto e orientamento ai servizi sanitari da parte del personale infermieristico; il progetto è realizzato in collaborazione con il Civile.

Le persone che arrivano alla Menni sono per il 70% straniere, durante l’anno sono oltre 50 le nazionalità che si presentano per un pranzo caldo; se guardiamo queste nazionalità nel dettaglio, al primo posto ci sono gli italiani (appunto il 30% delle presenze), seguiti dagli ucraini (un dato ovviamente cresciuto dopo lo scoppio della guerra, ma già significativo anche in precedenza), quindi i marocchini.

La ricerca del dialogo

Gestire questo flusso gigantesco di presenze (1.500 persone all’anno, oltre 50mila pasti serviti) non è certo cosa facile, chi arriva porta nel cuore, nell’anima e nel corpo ferite anche profonde, non sempre c’è quindi la voglia di parlare, di confrontarsi, non c’è spesso neppure la forza di chiedere aiuto. «Chi non ha una casa - racconta Giambattista - trasforma, se così possiamo dire, il suo corpo nella sua casa, e quindi si barrica mentalmente dietro alte e spesse mura, è molto difficile entrare in dialogo. Noi ci proviamo sempre, soprattutto quando vediamo che c’è necessità di un aiuto medico».

Il pasto caldo è quindi la risposta a un bisogno essenziale, ma può essere anche molto di più. Un servizio parallelo alla mensa Menni (un altro tassello che si unisce al Rifugio Caritas) è il servizio Unità di strada, rimasto praticamente sempre operativo anche durante la pandemia, operatori e volontari che assistono i senza tetto di sera, fornendo beni di prima necessità, informazioni sui servizi disponibili, consigli. Nei centri di ascolto diocesani (sparsi in tutta la diocesi) lo scorso anno si sono presentate 17mila persone. Numeri impressionanti, e il presente non appare certo migliore. Alla Menni si rimboccano già (ancora di più) le maniche.

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