Una capsula di cianuro infittisce il mistero di Marcheno
Venticinque giorni dopo il ritrovamento del cadavere, è ufficiale la causa del decesso di Giuseppe Ghirardini: l’operaio della Bozzoli di Marcheno, è morto per avvelenamento da cianuro.
Lo hanno stabilito i Ris di Parma che hanno completato l’accertamento sul corpo estraneo ritrovato nello stomaco dell'addetto ai forni della fonderia di Marcheno dalla quale l’8 ottobre scorso è svanito nel nulla il titolare Mario Bozzoli.
«Quanto emerso dall’accertamento è inquietante». È stata la prima reazione dell’avvocato Marino Colosio, legale dell’ex moglie brasiliana di Giuseppe Ghirardini. La donna rifiuta l’idea che l’operaio possa essersi suicidato ingerendo quella che inizialmente sembrava essere una bacca - così gli inquirenti avevano catalogato il corpo estraneo trovato nel corso dell’autopsia - e che invece risulta essere un manufatto in silicato, di 4 centimetri di lunghezza e almeno due di diametro, con un’anima di cianuro. Un oggetto che non sarebbe in commercio e che, sprigionando il veleno, avrebbe ucciso Ghirardini, trovato cadavere a più di cento chilometri dalla sua abitazione, nei boschi di Ponte di Legno, in Alta Vallecamonica dove aveva anche abbandonato la sua auto.
Non si esclude che il cianuro possa essere arrivato da piste estere. «Oggi ho effettuato un sopralluogo nella zona dove è stato trovato morto Ghirardini e posso dire che è un luogo aperto ad ogni scenario», ha detto l’avvocato bresciano Marino Colosio. «Siamo parte offesa in un procedimento aperto per induzione al suicidio, ma la vicenda potrebbe assumere pieghe diverse. È un giallo nel giallo», ha poi aggiunto il legale che ha già comunicato la notizia all’ex moglie di Ghirardini, che l’operaio la sera prima di scomparire aveva chiamato al cellulare 9 volte senza ricevere risposte. Ad oggi, quel telefonino non è ancora stato trovato.
«Erano telefonate per chiedere aiuto», dice oggi l’avvocato Colosio. «L’ex moglie di Ghirardini è terrorizzata, spaventata per suo figlio, teme che possa accadergli qualcosa».
Nel frattempo, la Procura di Brescia ha disposto lo svuotamento dei forni della fonderia Bozzoli, sotto sequestro dal 13 ottobre. Il materiale presente sarà fatto raffreddare per tre giorni e successivamente analizzato per trovare tracce dell’imprenditore scomparso. Fino ad oggi dalle scorie dei forni passate al setaccio dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo non sono emersi elementi determinanti ai fini dell’indagine.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato