Silvia Serugeri, Kaos e la soddisfazione di correre ai Mondiali di canicross
Il canicross è una disciplina cinofila sportiva ancora poco conosciuta in Italia, che affonda le sue radici nel mondo dei cani da slitta, quando nelle stagioni senza neve si allenano le mute al traino su terra. La Valtrompia può contare su un’atleta (anzi, due atleti) di grande valore in questo campo: Silvia Serugeri e il suo Kaos per il 28 e 29 ottobre sono stati convocati a Leipa, in Germania, per partecipare ai Mondiali di canicross in qualità di membri della nazionale italiana Csen.
«Ho iniziato nel 2015 con Maya e nel 2019 è arrivato il secondo cane, sempre un bracco tedesco, di nome Kaos - racconta Silvia -. Inizialmente con Maya passeggiavamo nei boschi, poi ho iniziato a correre con lei libera e in quel periodo ho scoperto su Facebook questa disciplina, quindi ho fatto uno stage e non mi sono più fermata. La corsa mi ha aiutato in un momento difficile e con il cane è tutto più bello».
Nel canicross l’atleta corre con un solo cane: può scegliere se a piedi, con la bicicletta o con il monopattino sportivo. «È una disciplina sportiva che crea grande complicità tra essere umano e animale - spiega Silvia -. Si spartiscono la fatica, gli allenamenti, la bellezza del correre insieme all’aria aperta».
L’attrezzatura utilizzata consiste in un imbrago per la persona, una linea elastica e una pettorina da traino per il cane. «Se non è giornata il cane te lo fa capire - afferma Silvia -. In quel caso si fa altro: bisogna rispettare l’altra parte del binomio, quella che corre per divertimento, mentre noi lo facciamo principalmente per agonismo». La preparazione per le gare non è molto diversa da quella osservata da altri atleti, solo che in questo caso si è in due a correre, perciò occorre curare l’alimentazione, gli allenamenti e l’integrazione sia dell’atleta a due zampe, sia di quello che ne ha quattro.
Di impegno, insomma, ce ne vuole tanto. Sia sotto il profilo dei preparativi fisici, sia sotto quello economico, specie per il mondiale. Per questo Silvia è alla ricerca di uno sponsor che possa sostenerla. «Non è semplice trovarlo, perché quella che pratico è una disciplina ancora poco conosciuta - racconta -. Il campionato italiano arriva a 150 iscritti al massimo, mentre all’estero se ne raggiungono anche 300».
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