Scacco al bostrico in undici mosse: così rinascono i boschi feriti della Valtrompia
In Alta Valtrompia molto è stato fatto, ma tanto rimane ancora da fare per arginare i danni causati ai boschi di abete rosso dal bostrico e le conseguenze che questo insetto infestante ha innescato, primi fra tutti l’innalzamento del rischio idrogeologico nelle zone disboscate.
Nei giorni scorsi sono giunti a compimento i lavori relativi agli 11 progetti per il contenimento del fenomeno nei Comuni di Collio, Bovegno, Marmentino, Irma e Pezzaze.
Sevat, la società in house di Comunità montana, ha seguito sia la progettazione sia l’appalto e l’esecuzione dei lavori, che sono stati finanziati dalla Regione con un contributo di 566mila euro.
Strategie
L’appalto è stato affidato a un raggruppamento temporaneo di imprese boschive provenienti da tutta la Lombardia e, nei periodi più intensi, sono intervenuti oltre 40 operai facenti parte di una cordata composta da dodici imprese coordinate da una realtà locale specializzata proprio in questo tipo di operazioni.
«Ad oggi possiamo affermare di aver parzialmente bonificato i terreni colpiti dal bostrico - spiega il dottore forestale della Comunità montana Giacomo Remedio - in particolare i sopra-suoli con piante secche: siamo intervenuti su circa 55 ettari su un progetto complessivo che si aggira attorno ai 100 ettari a fronte di 300 ettari di boschi colpiti».
Interventi
Nel concreto sono stati eseguiti il taglio e la rimozione del legname bostricato ed è stata rimossa una grande quantità di biomassa che, essendo ormai secca, è a potenziale rischio di incendio.
Nei Comuni più colpiti occorrerà proseguire con le operazioni di taglio anche nelle zone di confine, essendo che il bostrico attacca con facilità le piante sane. In parallelo al lavoro di disboscamento e di monitoraggio del bostrico condotto in sinergia con le Gev della Valtrompia, è stata avviata da tempo la piantumazione nelle zone colpite - circa 15 ettari tra Bovegno, Marmentino e Irma - e la pulizia della vegetazione naturale che nel frattempo è ricresciuta. Ripopolare i boschi è essenziale per prevenire il rischio idrogeologico.
A questo proposito il caso valtrumplino è stato approfondito in una tesi di laurea magistrale in Civil and Environmental Engineering dell’Università degli Studi di Brescia, che ha visto Remedio ricoprire il ruolo di correlatore.
«La tesi aveva lo scopo di studiare il rischio idrogeologico e di colate detritiche in alcune zone - spiega infine Remedio -. Le conclusioni hanno dimostrato che, sebbene nel primo periodo ci sia una fase di erosione importante, il rischio diminuisce rapidamente negli anni grazie al ripristino della copertura vegetale».
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