Processo Bozzoli, l'ex fidanzata di Giacomo conferma le accuse

Davanti alla Corte d'Assise di Brescia è comparsa Jessica Gambarini, che ha ribadito quanto riferito in incidente probatorio
La testimonianza di Jessica Gambarini, ex fidanzata di Giacomo
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«Aveva più volte palesato odio per lo zio. Mi ha ripetuto più volte che il suo intento era quello di uccidere lo zio». Lo ha detto Jessica Gambarini nel corso del processo per l’omicidio di Mario Bozzoli, in corso davanti alla Corte d’Assise di Brescia. La donna è l’ex fidanzata di Giacomo Bozzoli, unico imputato nel processo, accusato dell'omicidio e dell'occultamento del cadavere dello zio, scomparso l'8 ottobre 2015 dalla fonderia di proprietà della famiglia a Marcheno.

In incidente probatorio la giovane aveva parlato di un presunto piano omicidiario che Giacomo le avrebbe riferito durante la loro relazione. Piano che ha raccontato anche in aula. «Io avrei dovuto prendere la sua auto e transitare in autostrada, così il Telepass avrebbe segnato il passaggio dell’auto e lui avrebbe dovuto aspettare lo zio fuori casa. Si sarebbe procurato stivali di un numero più grande, avrebbe aspettato lo zio e lo avrebbe colpito da dietro a sorpresa. Poi si sarebbe nascosto nel bosco e il giorno successivo mi avrebbe chiamato da una cabina telefonica e io sarei dovuta andare a prenderlo».

Durante la testimonianza, Jessica Gambarini ha anche ricostruito il giorno in cui è venuta a sapere della scomparsa di Mario. Era stata avvisata per telefono dalla madre, che in un primo momento le aveva detto che l'uomo sparito fosse Adelio, padre di Giacomo. Insospettita dai racconti che l'ex fidanzato le aveva fatto durante la loro relazione, Jessica alle 13.22 del 10 ottobre 2015 chiama Giacomo, senza ottenere risposta. Dopo aver ricevuto anche una chiamata del padre e aver fatto delle ricerche online sulle prime notizie riguardo alla vicenda (il traffico dati dal suo telefonino va dalle 13.37 alle 13.58), la ragazza alle 14.01 chiama i carabinieri per dire che aveva informazioni sul caso.

Come testimone, oggi sarà sentito anche Alex Bozzoli, fratello dell'imputato, anche lui inizialmente indagato per la morte dello zio. In seguito la sua posizione è stata archiviata.

Il processo Bozzoli fino a qui

Iniziato il 14 gennaio 2021 davanti alla Corte d'Assise di Brescia, il processo Bozzoli potrebbe arrivare a sentenza entro dicembre. Sono più di cento i testimoni chiamati in aula: 94 i nomi indicati dalla Procura generale che rappresenta l’accusa, 41 quelli della difesa ai quali si aggiungono otto consulenti e 46 delle parti civili. Un elenco complessivo di quasi duecento persone, di cui circa la metà in comune tra le due parti.

Davanti al presidente Roberto Spanò sono comparsi in primis i consulenti che hanno partecipato alle indagini, i quali hanno contribuito a fare chiarezza su cosa è successo quella sera, incrociando immagini delle videocamere e tabulati telefonici e circoscrivendo il momento clou della scomparsa in una finestra temporale di 11 minuti. Poi è stata la volta della moglie di Mario Bozzoli, Irene Zubani, che ha confermato di essere convinta della colpevolezza del nipote Giacomo.

Giacomo Bozzoli, imputato al processo per la morte dello zio Mario - Foto Gabriele Strada/Neg © www.giornaledibrescia.it
Giacomo Bozzoli, imputato al processo per la morte dello zio Mario - Foto Gabriele Strada/Neg © www.giornaledibrescia.it

Nella sesta udienza è intervenuta l'anatomopatologa Cristina Cattaneo, che ha coordinato la squadra di 16 esperti che per due anni ha analizzato tutti i materiali raccolti all’interno e all’esterno della fonderia. Infine, alla ripresa dopo la pausa estiva, ha testimoniato Adelio Bozzoli, fratello della vittima e padre di Giacomo, unico imputato per il giallo di Marcheno.

Nel corso dell'udienza del 12 ottobre, hanno testimoniato due ex operai della fonderia Bozzoli: Oscar Maggi e Aboagye Abu Akwasi, che nel 2015 erano finiti sotto indagine per concorso in omicidio, ma poi le accuse nei loro confronti erano state archiviate. I due hanno fornito versioni diverse, ma entrambi hanno negato quanto emergerebbe dalle intercettazioni telefoniche e ambientali riguardo ai loro tentativi di prendere accordi con Giuseppe Ghirardini, collega scomparso sei giorni dopo il suo datore di lavoro e poi ritrovato morto a Case di Viso, in Valcamonica, con un’esca al cianuro nello stomaco.

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