Processo Bozzoli, carne e ossa nel forno per l'esperimento pilota

In piccole dimensioni, il chimico e consulente della difesa Giancarlo Farina ha fatto un esperimento che ha presentato in aula
  • Il chimico Giancarlo Farina in aula durante il processo Bozzoli
    Il chimico Giancarlo Farina in aula durante il processo Bozzoli
  • Il chimico Giancarlo Farina in aula durante il processo Bozzoli
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  • Il chimico Giancarlo Farina in aula durante il processo Bozzoli
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  • Il chimico Giancarlo Farina in aula durante il processo Bozzoli
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  • Il chimico Giancarlo Farina in aula durante il processo Bozzoli
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  • Il chimico Giancarlo Farina in aula durante il processo Bozzoli
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  • Il chimico Giancarlo Farina in aula durante il processo Bozzoli
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    Il chimico Giancarlo Farina in aula durante il processo Bozzoli
  • Il chimico Giancarlo Farina in aula durante il processo Bozzoli
    Il chimico Giancarlo Farina in aula durante il processo Bozzoli
  • Il chimico Giancarlo Farina in aula durante il processo Bozzoli
    Il chimico Giancarlo Farina in aula durante il processo Bozzoli
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A sei anni dalla scomparsa di Mario Bozzoli, l’imprenditore svanito nel nulla la sera dell’8 ottobre 2015 dalla sua fonderia di Marcheno, il presidente della Corte d’Assise di Brescia Roberto Spanò ha disposto una nuova perizia.

Al termine dell’udienza di oggi del processo in cui l'unico imputato è il nipote Giacomo Bozzoli - accusato dell'omicidio e occultamento del cadavere dello zio - il giudice con un’ordinanza riporta tutto all’orgine, affidando al medico legale Camilla Tettamanti una nuova consulenza. L’obiettivo: stabilire che tipo di reazione può scatenare un corpo buttato in un forno di quel tipo, anche in relazione alla ormai famosa fumata anomala registrata alle 19.21 di quella sera.

Oggi è stato sentito in aula l’ultimo esperto chiamato al banco dei testimoni: Giancarlo Farina, chimico e consulente tecnico della difesa. Lo studioso ha reso conto alla Corte dell’esperimento pilota (cioè in piccolo, ma strettamente correlato e coerente) condotto su un forno del tutto simile, tranne che nelle forma e nelle dimensioni, a quello della fonderia.

Il video di una parte dell'esperimento presentato in aula

La muffola

La muffola, cioè il piccolo forno, usato per l'esperimento - © www.giornaledibrescia.it
La muffola, cioè il piccolo forno, usato per l'esperimento - © www.giornaledibrescia.it

Farina, in un laboratorio dell’Università degli Studi di Padova, ha usato una muffola. Si tratta di un piccolo forno a forma di parallelepipedo, contenente materiale refrattario in grado di raggiungere altissime temperature (fino a 1.300 °C), che di solito viene usato a scopo industriale o di ricerca. Una delle sue applicazioni, ad esempio, è per analizzare la composizione organica degli alimenti, per poi riportarla sulle etichette. A differenza del forno dei Bozzoli, ha un'apertura di carico frontale (e non dall'alto) ed è cubico (non cilindrico). 

Il forno usato per l’esperimento è dotato di bocchette per far uscire i fumi, oltre che di un sistema di raffreddamento creato ad hoc da Farina per rendere possibile abbassare la temperatura dei vapori in uscita, in modo da poterli raccogliere in appositi campionatori (che resistono fino a 75 °C) per poi analizzarli.

Cosa è stato bruciato

  • Carne, ossa e capelli bruciati nella muffola
    Carne, ossa e capelli bruciati nella muffola
  • Carne, ossa e capelli bruciati nella muffola
    Carne, ossa e capelli bruciati nella muffola
  • Carne, ossa e capelli bruciati nella muffola
    Carne, ossa e capelli bruciati nella muffola

Innanzitutto il team di ricercatori ha inserito nel forno una lega di ottone (250 grammi), che nel giro di due ore - alla temperatura di 950 °C (come rilevato dall’analizzatore termogravimetrico), ha raggiunto il punto di fusione, diventando così un bagno metallico.
In secondo luogo, è stato appoggiato nel bagno un insieme di materiali per osservarne la bruciatura.

Si trattava di 5 grammi di carne, 5 grammi di ossa di maiale e 5 grammi di capelli. «È stata scelta la carne di maiale - ha spiegato l’esperto - perché è molto simile a quella umana ed è già usata in medicina, sia in ambito cardiochirurgico che nei reparti grandi ustionati».

Cosa è successo dopo

  • A fine prova, fumo nero e fuliggine sul forno e sulle superfici
    A fine prova, fumo nero e fuliggine sul forno e sulle superfici
  • A fine prova, fumo nero e fuliggine sul forno e sulle superfici
    A fine prova, fumo nero e fuliggine sul forno e sulle superfici
  • A fine prova, fumo nero e fuliggine sul forno e sulle superfici
    A fine prova, fumo nero e fuliggine sul forno e sulle superfici
  • A fine prova, fumo nero e fuliggine sul forno e sulle superfici
    A fine prova, fumo nero e fuliggine sul forno e sulle superfici

Dopo una prima piccola fiammata con microesplosione, dovuta allo sbalzo termico tra il materiale (a 37 °C) e la temperatura del forno (950 °C), dal forno ha iniziato a uscire in grande quantità fumo nero. Il colore scuro della fumata è dovuto alla liberazione di atomi di carbonio, che poi si aggregano diventando molecole sempre più grosse che infine si trasformano in fuliggine.

«Al termine della prova, c’era un odore molto forte e siamo stati costretti a lasciare la stanza perché l’aria era irrespirabile» ha spiegato il chimico. «Se il corpo di Bozzoli fosse stato buttato nel forno del capannone, ci avrebbe messo decine di minuti a bruciare e l’ambiente si sarebbe riempito di fumo nero in una maniera pazzesca con un odore incredibile, molto più potente del bruciato e, al termine della combustione, tutta la fonderia si sarebbe coperta di fuliggine».

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