Polaveno, i due fratelli si dicono pentiti dell'aggressione
«Basta vi prego! Basta!». Li ha supplicati di smettere. Li ha convinti con l’argomento più disarmante: la sua disperazione. Il suo dolore e le sue urla hanno squarciato il buio della sua stanza, fermato le mani dei fratelli, bloccato ascia e coltello, scritto un finale che potrà raccontare e, soprattutto, provare a dimenticare.
Passano i giorni, emergono ulteriori sviluppi della notte da incubo piombata su Polaveno non più tardi di 72 ore fa. A riferirli al giudice delle indagini preliminari sono i due fratelli arrestati attorno alle 7 di sabato con l’accusa di tentato omicidio volontario aggravato dai futili motivi, dal vincolo di parentela e dalla minorata difesa.
Nel corso dell’interrogatorio di garanzia i due ragazzi, minorenni ancora per qualche mese, hanno ribadito quanto detto nell’immediatezza al sostituto procuratore Maria Cristina Bonomo. Anche il loro pentimento. Hanno ammesso e tentato di giustificare l’aggressione, che non si è trasformata in omicidio per una semplice questione di centimetri. Lo hanno fatto in collegamento da remoto: uno da una camera dell’ospedale Civile dov’è stato ricoverato, operato ad una mano e dov’è trattenuto in attesa di conoscere la sua prossima destinazione; l’altro dal carcere minorile «Meucci» di Firenze, dove ha passato le ultime tre notti in custodia cautelare.Il giudice, il pm ed i loro legali, gli avvocati Andrea Paternoster e Stefano Paloschi, erano collegati dal Tribunale dei Minori. All’udienza non hanno partecipato i loro genitori che erano presenti, ma ai quali è stato risparmiato lo strazio di rivivere, attraverso le parole dei figli, il dramma che ha vissuto la loro primogenita. A due giorni di distanza dal primo interrogatorio, i due fratelli avrebbero fornito anche al gip una versione sostanzialmente sovrapponibile. Le differenze sarebbero minime. I due ragazzi avrebbero ribadito anche lo stesso movente. Un perché sul quale la consegna del silenzio resta rigorosa, a tutela loro e della famiglia.
Raccolte le loro confessioni e la richiesta di custodia cautelare in carcere formulata dal pm, il giudice si è riservato la decisione sulla convalida e sulla misura da applicare. Oggi la decisione.
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