Omicidio Bailo, al via il processo a Fabrizio Pasini
Davanti ai giudici nella speranza di contenere al massimo la pena. In abbreviato, non solo per chiudere le porte al pubblico, ma anche per chiudere in fretta, e con lo sconto di un terzo della pena previsto dal rito, il conto aperto con la giustizia il 28 luglio del 2018. Fabrizio Pasini, il 49enne che ha confessato l’omicidio di Manuela Bailo e ha condotto i carabinieri e il sostituto procuratore Carlo Francesco Milanesi sul ciglio della buca nella quale aveva cercato di nascondere il corpo dell’ex amante insieme al suo inconfessabile segreto, lunedì mattina sarà davanti al giudice dell’udienza preliminare Riccardo Moreschi per difendersi dall’accusa di omicidio premeditato e occultamento di cadavere.
Il suo legale, l’avvocato Pierpaolo Pettenadu, con tutta probabilità chiederà esclusivamente l’esame dei consulenti medico legali, suo e del pm. Nulla di più. L’unico versante sdrucciolevole del processo potrebbe essere proprio quello della causa della morte della 35enne segretaria di Nave. L’uomo, che dopo l’omicidio partì per le vacanze in Sardegna con la moglie e i figli, ha sempre negato di aver affondato il coltello (che non si è mai trovato) nel collo dell’amante. Ha riferito di averla spinta all’apice di una lite, di averla fatta cadere dalle scale della casa della madre ad Ospitaletto e di averle procurato la morte così. A sostegno della sua tesi le consulenze medico legali prodotte dalla sua difesa. Lo squarcio alla gola con il quale il corpo di Manuela riaffiorò il 20 agosto dalla fossa per liquami della cascina di Azzanello, nel Cremonese, è frutto dell’opera di animali, roditori ai quali la salma della giovane donna è stata esposta per due settimane.
Di tutt’altro avviso la Procura. La dimensione e la forma del taglio, unitamente alle copiose tracce di sangue trovare dagli inquirenti sulla scena del delitto, puntano una volta di più il dito contro Pasini: per l’accusa sulla circostanza l’uomo mente, sa di avere impugnato il coltello per stroncare l’amante e la relazione che aveva con lei. Discussione sarà anche sulla premeditazione. Secondo il pm Pasini aveva pianificato per tempo il delitto, sincerandosi che non vi fossero vicini che potessero intercettare la sua azione e predisponendo anche stracci e materiale necessario per ripulire la scena del crimine.
Una versione che l’imputato reo confesso respinge da sempre, dando credito solo al raptus omicida, miscela esplosiva di rabbia per le recriminazioni dell’amante e stress per le continue telefonate della moglie. Indipendentemente dalle valutazioni sul come è stato eseguito e sul se è stato pianificato, il 48enne sindacalista non dovrebbe essere condannato a fine pena mai. L’omicidio in continuazione con l’occultamento di cadavere può essere punito nel massimo con l’ergastolo solo nel rito ordinario. In abbreviato il conto può arrivare fino a trent’anni. Non oltre.
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