«Non rottamiamo le cartelle esattoriali»: polemica in Consiglio a Nave

L'amministrazione comunale ha deciso di non aderire alla pace fiscale: «È una scelta politica»
In Comune a Nave si litiga per lo stralcio delle cartelle esattoriali
In Comune a Nave si litiga per lo stralcio delle cartelle esattoriali
AA

Il Comune di Nave «non la dà vinta ai furbi» - per dirla con le parole dell’assessore Carlo Ramazzini -, e rinuncia ad aderire allo stralcio delle cartelle esattoriali di importo fino a 1.000 euro emesse dall’1 gennaio 2000 fino al 31 dicembre 2015. Una scelta, quella della Giunta guidata da Matteo Franzoni, che il gruppo di opposizione Fare Nave non ha condiviso, bollandola come «politica».

Secondo quanto previsto dalla pace fiscale inserita nella Legge di Bilancio 2023, la scelta di stralciare le cartelle fino a 1.000 euro era a discrezione dei singoli Comuni per quanto concerne i tributi locali. Ad ogni Giunta spettava (il termine scadeva ieri, 31 gennaio) perciò la decisione relativa all’approvazione, o meno, dell’apposita delibera che, se votata favorevolmente, avrebbe in sostanza abbonato sanzioni e interessi. Per il Comune di Nave si parla di un importo di circa 30.000 euro.

«Non aderiamo principalmente per un discorso di equità fiscale verso chi ha pagato» ha affermato il primo cittadino. Il consigliere di maggioranza Luca Senestrari trova che, quella inserita nella Finanziaria, «sia una operazione ibrida e simbolica, oltre che poco coraggiosa e inutile da conseguire». Non sono dello stesso avviso Marco Bassolini e Nicola Pedrali della minoranza. Per i due consiglieri «andava messa una mano sul cuore, dal momento che chi non ha pagato per tutti questi anni è difficile, se non impossibile, che lo faccia adesso».

Prima era l’Agenzia delle Entrate a occuparsi del recupero crediti, mentre da una decina di anni il servizio è in carico ad agenzie che operano per conto degli enti. In caso di insolvenza si parte con un avviso bonario, che in seguito diventa coattivo. «In alcune situazioni abbiamo avviato operazioni di pignoramento dei beni - ha spiegato il sindaco - ma ci sono casi in cui di beni non ce ne sono o sono intestati ad altri». Oltre questa soglia, insomma, è praticamente impossibile andare. Ecco il motivo sostanziale per cui la minoranza si è dichiarata in disaccordo con Franzoni e la sua squadra: «Se il Comune non ha altri strumenti per arrivare a riscuotere questi debiti - hanno domandato Pedrali e Bassolini - qual è il senso del perseverare?».

Per l’assessore Ramazzini «si tratta di un senso di equità verso chi paga e, al contempo, della necessità di non far passare un messaggio sbagliato, altrimenti il furbo l’ha sempre vinta». Un ragionamento, quest’ultimo, fatto alla luce del fatto che «i cittadini che non ce la fanno vengono aiutati dai Servizi sociali e non hanno perciò necessità di diventare insolventi».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Condividi l'articolo

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato