Mondinelli sull’Aconcagua, cima «super» dell’Argentina

Col «Gnaro», Aldo Garioni, Beppe Busseni e Matteo Bonalumi: sono arrivati in vetta il 7 gennaio dopo sette ore
  • Mondinelli sull’Aconcagua
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La spedizione bresciana guidata da Silvio «Gnaro» Mondinelli e composta da Aldo Garioni (salitore dell’Everest, di cinque delle Seven summits, le sette vette più alte della Terra, e dopo 21 anni dimissionario presidente dell’Ugolini), Beppe Busseni e Matteo Bonalumi (nella comunità alpinistica bresciana ora rinominati come «I gnari del Gnaro») ha raggiunto nei giorni scorsi la cima dell’Aconcagua, la montagna andina più alta del Sud America, oltre che della Terra fuori dall’Asia.

Della spedizione facevano parte anche altri due bresciani costretti a rinunciare per motivi di salute.

Culminante con due cime, la Nord (6.960 metri) e la Sud (6.028), all’Aconcagua è anche accreditato - come si legge nell’Enciclopedia dell’Alpinismo di Walt Unsworth - il record di altezza per animali, essendo stata raggiunta in passato anche da alcuni cani. La prima salita alla montagna delle Ande centrali era stata effettuata nel 1897 dallo svizzero Mattias Zurbriggen.

I bresciani sono saliti partendo dalla cosiddetta Via dei polacchi, che si sviluppa sul ghiacciaio omonimo, lungo il versante Nord-Est. L’avvicinamento della spedizione bresciana è avvenuto attraverso la valle de Las Vacas, fino alla fine della morena e da qui la cordata ha poi risalito il ghiacciaio, incrociando quindi la via normale, fino alla vetta con discesa dal versante sud.

Una volta giunta in Argentina la spedizione si è messa in cammino il 29 dicembre. Tre giorni per raggiungere il campo base a 4.200, tre giorni di adattamento alla quota, quindi allestimento dei campi avanzati a quota 5.100, 5.500 e 6.000 metri da dove è partito l’attacco alla cima.

Attacco che si è tradotto in sette ore di salita dove i quattro bresciani sono giunti il sette gennaio attorno alle 12 con raffiche di vento forte, termometro a meno 25, ma un sole favorevole a testimoniare la positiva conclusione della spedizione. Così Silvio Mondinelli racconta quanto è stato vissuto in giorni davvero particolari, ma carichi di emozione: «Era importante salire, ma ancor più scendere: abbiamo centrato entrambi gli obiettivi».

Quindi quattro ore di discesa con l’obiettivo di scendere di quota il più possibile, ma vento, freddo e stanchezza hanno consigliato una sosta a quota seimila, mentre il giorno successivo è stato raggiunto nuovamente il campo base.

Così quindi è arrivata l’impresa sull’Aconcagua, una delle Seven Summits del pianeta e per questo, senza dubbio, vista come un traguardo di prestigio. 

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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