Marcheno, il rompicapo del cellulare di Ghirardini
Di giallo in giallo. Di rompicapo in rompicapo. La vicenda di Marcheno sembra essere segnata da un intrico di misteri che faticano a trovare soluzione. E per uno che sembra sciogliersi un altro si presenta all’appello degli inquirenti.
Prima la scomparsa di Bozzoli, poi quella di Ghirardini. Infine il ritrovamento di quest’ultimo. Eppure un elemento non torna: che fine ha fatto il cellulare dell’operaio di Marcheno, trovato cadavere a Case di Viso sulla riva del torrente Arcanello? Se lo domandano gli inquirenti, come ha ricordato lo stesso procuratore Tommaso Buonanno durante il sopralluogo alla Bozzoli. Inquirenti che proprio sulle tracce digitali lasciate da quel telefonino avevano impostato la battuta di ricerca di Ghirardini al passo Crocedomini. Eppure il 50enne giaceva senza vita a oltre 80 chilometri di distanza. Ma quel cellulare non lo aveva con sé.
Che fine ha fatto? L’operaio lo ha perso mentre risaliva la Tonalina? O se ne è sbarazzato volontariamente tra Breno e Ponte di Legno? In tal caso, perché l’avrebbe fatto? Non voleva essere rintracciato, o peggio aveva premeditato un gesto estremo, proprio in quell’angolo di Valcamonica che era legato alla sua infanzia? Oppure, qualcuno glielo ha sottratto nelle ore che precedono la sua scomparsa?
Ipotesi, per ora tutte aperte e tutte da verificare. I dati certi sono che quel cellulare è ancora nelle mani di Ghirardini quando lo chiama la sorella, mercoledì 14 ottobre. E che quello stesso telefono, che ora manca all’appello, lancia nell’etere un ultimo segnale attorno alle 14 di quel pomeriggio, agganciando la cella di Breno, per gli inquirenti nei pressi di Crocedomini, il passo che collega la Valtrompia alla Valcamonica. All’estremo nord della quale Ghirardini viene rinvenuto domenica senza vita. E senza cellulare.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato