Fatture false, assolti Adelio e Giacomo Bozzoli
Assolti perché il fatto non costituisce reato. Adelio e Giacomo Bozzoli, fratello e nipote di Mario Bozzoli, l’imprenditore di Marcheno scomparso nel nulla l’8 ottobre di sei anni fa, per il giudice dell’udienza preliminare Cristian Colombo non hanno utilizzato fatture per operazioni inesistenti e non hanno nemmeno tratto in inganno il curatore fallimentare chiamato a presentare la dichiarazione dei redditi della fonderia, negli anni successivi alla sparizione di Mario Bozzoli e all’apertura delle indagini sul giallo.
Assolti
La sentenza è arrivata attorno all’ora di pranzo di ieri e chiude uno dei capitoli giudiziari collaterali che si sono aperti a carico del nipote accusato dell’omicidio e della distruzione del cadavere dell’imprenditore, e per questo a processo davanti alla Corte d’assise, e di suo padre. Coinvolti nell’udienza preliminare, scaturita dall’attività di indagine avocata dall’allora procuratore generale Pier Luigi Maria Dell’Osso, in tutto erano 29 persone. Secondo l’accusa - sostenuta in aula dall’avvocato generale Marco Martani (futuro procuratore di Treviso) - gli imputati avevano dato vita ad un massiccio giro di fatture false: circa 120 milioni. Differenti gli esiti dell’udienza.
Oltre a dichiarare l’assoluzione di padre e figlio Bozzoli - ai quali l’accusa imputava l’annotazione di fatture false per circa due milioni di euro e per i quali aveva chiesto rispettivamente 1 anno, 5 mesi e 20 giorni e anno e 2 mesi - il gup ha preso atto della prescrizione di alcuni capi di imputazione, pronunciato altre assoluzioni, ma anche alcune condanne, a pene non superiori all’anno.
Il processo per l'omicidio di Mario Bozzoli
La sentenza anticipa di qualche ora la prossima udienza del processo in Corte d’assise per l’omicidio di Mario Bozzoli. E senza dubbio sarà prodotta dal difensore di Giacomo Bozzoli, l’avvocato Luigi Frattini, allo scopo di mettere in discussione il movente ipotizzato dall’accusa. Secondo la procura generale i dissidi tra lo zio Mario e il nipote Giacomo erano sorti proprio sulla gestione aziendale. A far tracimare il vaso - per l’accusa - sarebbe stata la scoperta da parte del primo di fatture gonfiate, se non false, ottenute ed annotate dal secondo per truffare un’assicurazione e ottenere un rimborso non dovuto. L’assoluzione di ieri, almeno nella prospettazione difensiva, metterebbe in crisi l’assunto per il quale Giacomo Bozzoli avesse una qualche confidenza con le fatture false e le frodi fiscali: metterebbe in crisi il movente del delitto.
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