Caso Ghirardini, «mistero fitto per le reticenze dei testimoni»
Prove non ce ne sono. In compenso non mancano «risposte vaghe ed elusive, dimenticanze e sospetti, opacità e reticenze, affermazioni evasive e sfuggenti». A scriverlo, nelle quattro pagine dell’ordinanza con la quale ha archiviato le posizioni di Alex e Giacomo Bozzoli in merito all’accusa di istigazione al suicidio di Beppe Ghirardini, è il giudice delle indagini preliminari Elena Stefana.
Il gip da un lato ritiene, come da tempo ritiene anche la Procura generale, che non vi siano gli estremi per sostenere a giudizio l’accusa nei confronti dei due fratelli; dall’altro che a contribuire al mistero sulle ragioni e sulla circostanza della scomparsa e della morte dell’operaio addetto al forno della fonderia di Marcheno, avvenuta quest’ultima per mezzo di un’esca al cianuro pochi giorni dopo la sparizione di Mario Bozzoli, abbiano contribuito colleghi e potenziali testimoni.
Opacità
Nonostante il supplemento di indagini chiesto ed evaso dagli inquirenti - scrive il giudice in ordinanza - non «emergevano circostanze degne di nota né in base agli esiti delle captazioni, né in forza dei portati dichiarativi acquisiti anche per il tenore vago ed elusivo delle risposte, costellate da dimenticanze e da accenni sfocati a un’aura di sospetto che aleggiava intorno alla scomparsa di Ghirardini prima e alla sua morte poi». Il gip si sofferma sulle dichiarazioni di Oscar Maggi e di Aboagye Akwasi, detto Abu, i due operai che insieme a Ghirardini erano in fonderia negli istanti in cui svaniva nel nulla Mario Bozzoli.
«Insieme a Adelio Bozzoli (fratello di Mario e loro datore di lavoro, ndr) venivano chiamati a deporre nel processo in corso in Corte d’assise per l’omicidio di Mario Bozzoli e a carico di Giacomo. Dalla lettura dei loro verbali si evincono opacità, reticenze, affermazioni contraddittorie rispetto a quelle già rese e passaggi confusi, di talché - scrive il gip - non affiorano argomenti che diano corpo al nesso latente tra l’improvviso e drammatico decesso di Ghirardini da un lato e la misteriosa e inquietante sparizione di Mario Bozzoli dall’altro».
Che il suicidio di Ghirardini sia un capitolo chiuso non è tra le convizioni del giudice, che tiene quanto acquisito agli atti sotto sequestro. «Potrebbe tornare utile in caso di futura riapertura delle indagini, qualora emergessero nuovi elementi, anche per il superamento di posizioni precontette di chiusura e di ritrosia manifestatesi in questo caso e in quello parallelo riguardante lo scomparso Mario Bozzoli. Per il giudice è ancora possibile «sollevare un velo» sulla morte di Ghirardini, mentre è certo che questa sia «collegata» alla sparizione del suo datore di lavoro».
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