Caso Bozzoli, le scorie dell'8 ottobre alla prova del laboratorio
Le scorie prodotte dai forni la notte dell'8 ottobre potrebbero dare le risposte che gli inquirenti cercano. Il lavoro della anatomopatologa Cristina Cattaneo all'interno della fonderia Bozzoli di Marcheno è arrivato agli esami di laboratorio e i tempi sono destinati ad accorciarsi.
I Ris di Parma e un centro milanese sono al lavoro per analizzare l'enorme mole di materiale rinvenuta all'interno della fonderia del mistero e considerata utile ai fini dell'indagine. Un'inchiesta partita da molto lontano tanto da far dire agli inquirenti che quella frase «prima o poi ammazzo mio zio» detta da Giacomo Bozzoli e confermata da fonti investigative non sarebbe un caso isolato.
Le tensioni tra zio e nipoti, oggi indagati per concorso in omicidio e distruzione di cadavere, sarebbero iniziate tre anni prima dello scorso 8 ottobre, quando Bozzoli è svanito nel nulla. Da quella maledetta sera ad oggi, Alex e Giacomo non avrebbero mai telefonato alla famiglia dello zio scomparso. Un vuoto che conferma la profonda crepa esistente tra i due nuclei familiari, sostengono gli investigatori, che ritengono pesante il quadro indiziario contro Alex e Giacomo Bozzoli e i due operai della fonderia di Marcheno, Oscar Maggi e il senegalese Abu. Ma manca la prova regina.
«Chi ha ucciso Mario Bozzoli ha pianificato tutto tempo prima» è il pensiero degli inquirenti, sempre convinti che l'imprenditore non sia uscito dalla sua azienda ma che invece sia finito in uno dei tre forni. Epilogo, forse, di un progetto criminale datato e studiato nel minimo dettaglio.
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