Caso Bozzoli: «Colpevoli liberi, noi operai senza un lavoro»
Un anno fa aveva un lavoro, un'azienda in cui si recava ogni giorno da 15 anni e un titolare. Ora ha perso tutte le certezze: da quel maledetto 8 ottobre in cui Mario Bozzoli, titolare con il fratello Adelio, della fonderia omonima, è scomparso, Leonello Raza ha visto sgretolarsi la cornice del suo mondo. Svanito nel nulla il titolare, chiusa l'azienda. Per ultimo, nelle scorse ore è arrivato anche il licenziamento.
Stessa sorte è toccata a tutti gli altri dipendenti della fonderia di Marcheno su cui da un anno aleggia l'ombra lunga di un giallo virato sempre più al nero. I ricordi sono ancora nitidi: «Il mio ultimo incontro con Mario Bozzoli? Alle 9.30 di quella mattina - ricorda l'operaio 54enne -. Era uno di noi, con noi aveva un rapporto stretto. L'ho salutato, "ciao ciao". Non l'ho mai più rivisto».
La sorte ha voluto che fosse proprio Raza a spegnere quel forno poi finito sotto la lente degli inquirenti, convinti che il corpo dell'imprenditore sia stato gettato al suo interno - secondo l'accusa - da Alex e Giacomo Bozzoli, nipoti della vittima, e dagli operai Oscar Maggi e Akwasi Aboagye, ora indagati per omicidio e soppressione di cadavere.
«L'ho spento io verso le 10:30 del giorno dopo. Si pensava che fosse stato rapito, non gettato nel forno. Forse allora si sarebbe potuto fare qualcosa di diverso, forse allora se ne sarebbe potuta trovare ancora traccia».
Poi dopo le indagini e il sequestro, i mesi difficili nella fonderia alla sua riapertura: nessuno parlava, mancava Bozzoli e mancava Ghirardini, l'operaio trovato cadavere a Case di Viso solo dieci giorni dopo la scomparsa del suo titolare. E il destino della azienda era ormai chiaro.
«Una cosa è certa - conclude Raza -: le domande restano tante. I colpevoli, non so chi, sono là fuori, mentre tutti noi siamo senza lavoro».
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