Abbandonata l'ultima cascina in cima al Cadelù

Fino al mese scorso la cascina, risalente ai primi dell'Ottocento, fungeva da punto di ristoro
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Sono più di cinquecento le «case sparse» sulle montagne lumezzanesi. Molte risalenti nel tempo anche di due-trecento anni, a testimonianza di un’epoca in cui la montagna significava benessere, certamente non inteso col metro di misura d’oggi, ma con quello del soddisfacimento dei bisogni primari d’allora: possibilmente tre pasti al giorno, disponibilità di legna da fuoco, bestiame, animali domestici, cacciagione, frutta, funghi (una parte della montagna si chiama addirittura «Purhì», Porcino) e castagne. 

Le antiche cascine si concentrano soprattutto sulla parte meridionale della Valle, più ricca di bosco ceduo e di appezzamenti tenuti a prato. Una cascina rimasta intatta e ancora utilizzata è quella che campeggia in testa al Cadelù, contrazione dialettale di Campo del Lupo, sul fianco delle Poffe, sopra lo stabilimento della Ghidini Trafilerie.

La cascina rispecchia l’architettura d’inizio Ottocento: disegno rettangolare, un grande portico con la stalla, la cucina-soggiorno, la cantina nel punto più fresco, interrato a ridosso della montagna; al primo piano le camere e dietro il grande fienile. Il piano terra ora è pavimentato, ma in origine era in terra battuta.

Fino al mese scorso la cascina era in gestione e fungeva da punto di ristoro, magari con qualche piatto al salmì di cinghiale, visto che la montagna ne è ben abitata, ma poi la signora che ricordava il ruolo delle antiche «ostesse» è rientrata in paese ed ora resta il solo portico ad accogliere i podisti in allenamento o i camminatori.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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