«Violo il Dpcm: parcheggio in Trentino e vado a piedi a Brescia»
Quando il confine era quello fra l’Italia e l’impero austro-ungarico la separazione era certo più netta. Oggi c’è la signora Giulia - il nome è inventato, ma il fatto è vero - che ogni sera parcheggia l’auto in Trentino e poi entra in casa sul suolo bresciano. E con l’ultimo Decreto che limita ogni spostamento non dettato dall’assoluta necessità fra le Regioni, ogni volta la donna teme di ritrovarsi a dover spiegare il repentino sconfinamento a qualche solerte rappresentante delle forze dell’ordine.
Insomma: pur essendoci poche differenze fra come il Dpcm è stato declinato in terra trentina e l’interpretazione lombarda, la linea di confine desta non poche preoccupazioni. Fra le problematiche più sentite dai cittadini c’è l’impossibilità in moltissimi casi di ricongiungersi coi «congiunti», essendo frequenti i casi di famiglie separate da quel confine che ormai da più di cent’anni non dava impedimento alcuno al passaggio. Non basta: ci fosse almeno solo il vecchio ponte in ferro a dividere i due territori, da queste parti, sarebbe tutto sommato chiaro e di conseguenza anche semplice. Invece c’è da fare i conti anche con la celeberrima Via Campini, che si trova a nord rispetto al confine «naturale» segnato dal torrente Caffaro.
Strada che non per nulla ogni tanto è fonte di discussione fra le attigue municipalità. Lungo la via Campini il confine serpeggia da una parte all’altra della strada e le regole sugli spostamenti e sui comportamenti da tenere in questi tempi di Covid-19 possono cambiare fra un vicino di casa e l’altro, a seconda se l’uscio dà sulla parte trentina oppure su quella bresciana. Anche Stefano Bertuzzi, il comandante della Locale della Valle del Chiese, ammette le difficoltà: «Come fai a multare l’abitante della parte trentina che si sposta di cento metri e raggiunge il vivaio che sta sulla sponda bresciana per l’acquisto di una piantina?». «Bisogna avere come riferimento il buon senso» afferma il sindaco bagosso Gianzeno Marca. Certamente, verrebbe da dire, ma le regole servono proprio per gestire quelle situazioni in cui il buon senso manca o non è sufficiente.
Rimangono ad ogni modo anche altre differenze fra i due territori. Per andare a fare la spesa, ad esempio, l’ordinanza trentina prevede che si possa andare solo nel «paese confinante» - che per evitare strane interpretazioni sarebbe comunque stato meglio definire «attiguo» - mentre in Lombardia ci si può spostare di più. In Lombardia si può prendere l’auto, recarsi alla base della montagna, parcheggiare e poi fare sana attività fisica risalendo un sentiero o correndo accanto a un fiume. In Trentino no: se vuoi fare attività sportiva lo puoi fare solo partendo dall’uscio di casa; e se sei impegnato nella caccia di selezione devi fare la stessa cosa, col fucile in spalla. Insomma: se è vero che abitare lungo i confini è sempre stato difficile, perché l’erba del vicino sembra sempre essere quella più verde, sembra ancora più vero in tempi come questi, segnati dal coronavirus. Forse questa volta a parti invertite.
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