Terrorismo: indagini chiuse su El Abboubi. Ma lui dove è?
Lo scorso 21 dicembre la Procura lo ha ufficialmente dichiarato latitante. Cinque mesi dopo lo stesso magistrato ha firmato la chiusura indagini. Fissando in venti giorni i termini per presentare memoria scritta o chiedere interrogatorio. Ma la domanda è: dove è finito l’indagato sul quale pende anche un’ordinanza di custodia cautelare in carcere? Nessuno lo sa.
Anas El Abboubi da Vobarno, nato a Marrakech il 17 ottobre 1992, trasferitosi con la famiglia in Valsabbia, ha fatto perdere le proprie tracce da un pezzo.
Dal 14 settembre 2013, quando su un volo partito da Milano Malpensa , con scalo in Turchia, è andato per combattere in nome della Jihad in Siria dopo che il tribunale del Riesame di Brescia lo aveva scarcerato annullando l’ordinanza di custodia cautelare emessa dall’allora pm Leonardo Lesti che accusò il giovane di terrorismo. Gli ultimi segnali in vita, tra telefonate alla famiglia, celle telefoniche in Siria, e immagini sul profilo facebook, sono relativi ai primi mesi del 2014. Poi solo silenzio. La Procura di Brescia non ha però ricevuto alcun atto di morte e va avanti.
Anas El Abboubi deve rispondere di terrorismo «perché si addestrava alla preparazione ed all’uso di materiali esplosivi, di armi da fuoco, di altre armi e di sostanze chimiche, nonché di tecniche e metodi idonei al compimento di atti di violenza». Fatti contestati tra Vobarno e la Siria.
Nella chiusura indagini firmata dal sostituto procuratore Carlo Nocerino si legge anche il nome di un altro ragazzo di origini marocchine residente a Vestone e che la scorsa settimana ha compiuto 24 anni. Anche lui deve rispondere delle stesse accuse mosse all’amico e connazionale Anas che dal suo computer si è connesso in internet «costruendo contatti con esponenti radicali dell’estremismo islamico gravitanti nel sodalizio Sharia4» si legge in ordinanza.
Il secondo giovane coinvolto, assistito dall’avvocato Antonio Le Rose, potrebbe decidere di farsi ascoltare nei prossimi giorni in Procura. Ma Aans El Abboubi invece che fine ha fatto?
«È morto», parola di padre. Al telefono Abdelkerim El Abboubi è sorpreso. «Davvero hanno chiuso le indagini? È tutto inutile perché Anas è morto» dice convinto il padre del ragazzo partito per la Siria a combattere. «Se fosse ancora vivo si sarebbe fatto sentire. Impossibile che sia in silenzio da anni». Il genitore vive e lavora in Valsabbia e ancora oggi vive il suo dramma personale. «Partiamo dal fatto che non tornerà perché è morto, ma se mai dovesse tornare per me non esiste più. Anas è una pagina di un libro che ho già girato». Parole come macigni per un padre che, anche a distanza di anni, non riesce a capire la scelta del figlio. «Mai avrei voluto un ragazzo così. Pensare che suo fratello, più giovane di tre anni, oggi studia a Verona e frequenta l’università di Scienze della Formazione. È l’opposto di Anas per fortuna».
Papà El Abboubi poi torna ai giorni dell’arresto nell’estate 2013. «Il computer e internet me lo hanno rapito. Gli hanno fatto il lavaggio del cervello ed è cambiato. Io non riesco davvero a capire come sia stato possibile». Poi il pensiero va all’attualità. «Le notizie che sento mi spaventano perché è pieno il mondo di imbecilli che commettono attentati. Ma perché? perché fanno del male agli altri?».
Alle domande questo padre che non si è mai nascosto e che non ha mai difeso il figlio attaccandolo al contrario duramente ogni qualvolta parla dell’argomento, risponde con una provocazione. «Mio figlio ha sbagliato e non lo perdonerò mai, ma almeno è andato in Siria a combattere. A questa gente che commette attentati dico: se hai queste idee perché non vai a combattere là?». Anas El Abboubi da Vobarno lo ha fatto. Forse, probabilmente, è morto. Per la Procura è latitante. Ed entro venti giorni è atteso in Italia per un interrogatorio.
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