«Se mio figlio Anas è un terrorista, che paghi»
«Se davvero hanno le prove che mio figlio voleva fare atti di terrorismo qui in Italia è giusto che paghi. Se però così non è, come spero e come sono convinto che sia, la giustizia italiana mi deve delle spiegazioni».
Karim El Abboubi è il papà di Anas, il 21enne vobarnese prelevato mercoledì scorso alle 4 e mezza del mattino da casa sua, arrestato dalla Digos con l’accusa di terrorismo internazionale.
Lo incontriamo in una delle sale del Centro culturale islamico di Vobarno. Karim è in Italia da 28 anni, prima di lui in Valsabbia aveva lavorato suo padre. È un fedele osservante dei dettami dell’Islam, parla correttamente l’italiano, ha sempre lavorato sodo per mantenere la sua famiglia come autotrasportatore ed è grato all’Italia, che gli ha offerto l'opportunità di costruire un futuro per i suoi cari. Una riconoscenza che però in questi giorni vacilla: «Quando sono venuti di notte a prendersi mio figlio per portarselo via perché era pericoloso mi hanno detto che lo tenevano sotto osservazione da quasi un anno. Perché non me l’hanno detto prima? Perché me l’hanno tenuto nascosto? Perché non mi hanno dato la possibilità di fare il padre?».
Il parallelo per farci capire il suo dramma viene facile: «Cosa direbbe un padre italiano se improvvisamente i carabinieri gli capitassero in casa dicendogli che portano via suo figlio di vent’anni dopo averlo spiato per un anno, mentre un po’ alla volta diventava uno spacciatore di cocaina? Penso che si arrabbierebbe, vi pare?». E poi ancora: «Se la loro è stata un’azione preventiva, perché l’hanno lasciato diventare un terrorista? Sempre che sia vero, visto che nel farlo non è mai uscito dal computer. E perché non l'hanno fermato prima? Forse intendevano fagli fare da esca per qualche pesce più grosso? Si rendono conto che è un ragazzo e che me l’hanno sbattuto come un mostro in prima pagina?».
Scuote la testa Karim. E ci parla di quella che è sempre stata la sua più grande paura: «Possibile che proprio a me doveva capitare una cosa del genere. A me che, dopo l’11 settembre, per la paura di essere coinvolto in vicende che riguardano il terrorismo, mi sono tagliato la barba, ho sempre evitato foto o video durante le nostre feste e anche qui in associazione ho chiesto che il mio nome non apparisse negli elenchi di chi contribuisce a pagare le spese - ci dice -. Non si sa mai: metti che da queste parti passi per caso uno che poi viene accusato di terrorismo. Se sei in un elenco o in una foto insieme a lui rischi di passare dei guai seri».
Gli amici dell’associazione annuiscono, conoscono questa sua fissa. «Noi, e anche Karim, siamo grati a chi sta svolgendo le indagini, sappiamo che stanno facendo il loro lavoro e abbiamo fiducia nella Magistratura che si occuperà di questo caso - ci dice il portavoce Youbi, con il presidente Abdeluafi che annuisce ad ogni frase -. Per noi si tratta di fatti sconvolgenti, che speriamo possano presto essere ridimensionati. Ad ogni modo sia chiaro che condanniamo nel modo più assoluto atti violenti di qualsiasi genere e in qualsiasi momento».
Ubaldo Vallini
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