Valsabbia

Roberta Bruzzone ad Agnosine: «I femminicidi sono una sfida culturale»

La criminologa è stata ospite di un incontro nel paese di Giusy Di Luca
La criminologa Roberta Bruzzone - © www.giornaledibrescia.it
La criminologa Roberta Bruzzone - © www.giornaledibrescia.it
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È passato meno di un anno dal femminicidio di Giuseppina Di Luca, 46enne madre di due ragazze, morta per mano del marito dal quale si stava separando, Paolo Vecchia. Era il settembre 2021 quando Agnosine fu teatro di una tragedia che mai sarà dimenticata: Vecchia aveva annunciato ai colleghi la sua intenzione, una delle figlie era in casa nel momento in cui l’uomo, armato di coltello, l’ha concretizzata.

E oggi quello stesso paese si interroga e approfondisce, lasciando la parola alla nota criminologa e psicologa forense Roberta Bruzzone. A lei, ieri sera intervistata dal giornalista Marcello Zane, il racconto di una società che non riesce ad accantonare stereotipi, di menti e relazioni che deviano, di sentimenti che si trasformano in trappole mortali, di relazioni che assumono le pieghe della manipolazione e della dipendenza. Proprio questo era il titolo dell’incontro voluto e organizzato da Avis Agnosine e Bione, «Quando l’amore diventa trappola mortale: dalla manipolazione alla dipendenza affettiva».

Un incontro, ma anche un segnale che il sodalizio ha voluto lanciare per alzare il livello dell’attenzione, per sottolineare ancora e sempre l’importanza della prevenzione, e combattere quegli stereotipi, già lo si diceva, ancora purtroppo diffusi che alimentano la violenza di genere. L'incontro ha riempito il teatro Giovanni Paolo II di Agnosine, nel ricordo di Giuseppina: «Una ferita ancora aperta per la nostra comunità» ha detto la presidente dell’Avis, Annamaria Giori. 

Ma anche di tutte quelle donne che ogni giorno subiscono vessazioni: «Le relazioni tossiche non sono la normalità e non lo sono quelle sbilanciate. Non è normale che spesso ci si trovi davanti a un maltrattamento psicologico che non è riconosciuto come tale né tantomeno denunciato - sottolinea la Bruzzone - perché scambiato per una componente, pur sgradevole, del carattere del proprio partner».

Nel paese di Giuseppina Di Luca, la criminologa elenca una serie di scenari da scardinare: dall’impronta patriarcale che ancora permea la nostra società e che fa sottovalutare i casi di maltrattamento domestico («che nonostante vengano denunciati solo nel 2% dei casi, hanno numeri agghiaccianti»), alle modalità con cui vengono raccolte le segnalazioni, oltre all’esiguità delle segnalazioni stesse, del fatto che arrivino tardi. Perché se è vero che «il nostro Paese dal punto di vista delle leggi è perfetto, nella pratica si perde».

La sfida, secondo Bruzzone, «è culturale. Parte dalle famiglie, perché è in famiglia che si impara a stare al mondo: non ci si può aspettare che la scuola ripari danni creati da genitori disfunzionali». Ma anche la comunità, molto attenta e partecipe ieri sera quella di Agnosine, «è importantissima - conferma la criminologa -, a meno che non rinforzi gli stereotipi invece di aprire gli occhi e sanzionarli: il violento quasi sempre ha un migliore amico che sa e con il quale beve tranquillamente il caffè al bar».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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