Valsabbia

Pilota americano e partigiani di Serle e Bione ancora uniti

I discendenti di un pilota americano precipitato a Serle e salvato dai partigiani tornano a Brescia: una cerimonia per non dimenticare
  • Il pilota Wilbur H. Johnson, il suo Thunderbolt e i suoi salvatori
    Il pilota Wilbur H. Johnson, il suo Thunderbolt e i suoi salvatori
  • Il pilota Wilbur H. Johnson, il suo Thunderbolt e i suoi salvatori
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    Il pilota Wilbur H. Johnson, il suo Thunderbolt e i suoi salvatori
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Storie d'altri tempi. Tempi di guerra. Ma anche di gesti straordinari. Come quelli compiuti dai partigiani valsabbini per salvare un pilota americano precipitato dalle parti di Serle nel febbraio 1945. Una storia, tutto sommato, davvero a lieto fine. Salvo il pilota, e cementata un'amicizia che ha retto alla distanza e al tempo. E che ora sta per conoscere un nuovo capitolo, con la visita degli eredi agli eredi dei protagonisti.

Un passo indietro. La storia è quella del tenente pilota Wilbur H. Johnson, ufficiale dell’aviazione degli Stati Uniti lasciato a piedi (si fa per dire) dal motore del suo Thunderbolt nei cieli di Serle in un rigido mattino di febbraio del 1945. Nel lancio obbligato col paracadute, il giovane ufficiale rimedia una brutta ferita alla gamba. Ma poteva andare peggio. E la fortuna gli sorride mandandogli Santo Zanola, partigiano del posto, che visto cadere l'aereo si è precipitato. Lo conduce in un fienile, in una zona sicura e gli porta vestiti borghesi e cibo. L'aereo viene sepolto sotto una fitta cortina di ramaglie. Poi Johnson si congeda dal suo salvatore e cerca scampo verso nord. 
Arriva fino a Bione e anche lì trova chi lo accoglie e lo aiuta: è Silvio Vallini che parla inglese perché ha lavorato da emigrante in Australia. Nasconde il pilota nella stalla di una cugina, Teresa Ninfadeale, che accetta coraggiosamente di correre il rischio, scampato per un soffio quando le Ss bussano alla sua porta in cerca di nemici nascosti. 

In marzo, Johnson si allontana da Bione vestito da prete, grazie a una tonaca che gli ha fornito il parroco del paese. Porterà a casa la pelle e, rientrato in America a guerra finita, non dimenticherà mai i suoi tre angeli custodi. «My dear brother», mio caro fratello, così si rivolgerà a Silvio nelle frequenti lettere che gli scriverà. 
Tornerà anche a trovarli, tutt’e tre, a Serle e a Bione. E alla figlia primogenita darà il nome di Terry Sylvia.
Sarà proprio lei, Terry Sylvia, oggi insegnante in pensione e affermata poetessa, a guidare il gruppo di familiari, discendenti di Wilbur, nell’emozionante viaggio della memoria che li condurrà, nelle prossime settimane, a Bione e a Serle, sulle tracce di quella straordinaria avventura in terra italiana

La Pro loco serlese, in collaborazione con le amministrazioni e le associazioni d’arma dei due Comuni, è all’opera per allestire un intenso programma di iniziative: una mostra, un libro, un video, attività didattica per i ragazzi delle scuole, e altro ancora. Il tutto culminerà, nella mattinata di domenica 31 maggio, con la cerimonia della posa di una targa nella piazza di Castello, la borgata serlese teatro dell’evento. Cerimonia che vedrà uniti in un grande, commovente abbraccio, figli e nipoti dei protagonisti di una vicenda lontana nel tempo ma più che mai attuale, testimonianza vivida di eroismo silenzioso e umana solidarietà.

 

Enrico Giustacchini

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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