Omicidio Jessica: «Sangue in casa riconducibile a un indagato»
L’esame deve essere ancora completato. Ma da Parma arriva un’indicazione netta. «C’è familiarità tra il sangue di un uomo mischiato con quello della vittima, e le tracce di dna ritrovate sull’auto di uno degli indagati». Nero su bianco. Nuovo passo in avanti nelle indagini sulla morte di Jessica Mantovani, la 37enne trovata morta tra le grate della centrale idroelettrica di Prevalle l’estate scorsa. A casa di Giancarlo Bresciani, uno dei due indagati a piede libero per omicidio volontario e occultamento di cadavere, i carabinieri avevano isolato su un materasso delle tracce ematiche.
I Ris di Parma hanno stabilito che sono riconducibili alla donna uccisa, probabilmente a botte, ma anche a un secondo profilo che per chi indaga è strettamente collegato, «con familiarità di primo grado», al dna isolato sull’auto utilizzata da Marco Zocca, il 23enne anche lui iscritto nel registro degli indagati dal sostituto procuratore Gianluca Grippo con l’accusa di omicidio volontario. Vettura, usata prevalentemente dal padre del giovane.
Esame. Nelle scorse settimane il 23enne è stato sottoposto ad un nuovo tampone salivare perché il primo test era risultato scaduto il giorno dell’incidente probatorio. La Procura bresciana preme per avere quanto prima l’esito dell’ultimo accertamento e spera di ottenerlo già la prossima settimana, per confrontare il dna con il sangue trovato nella casa. Bresciani e Zocca, stando ai tabulati telefonici e ai loro stessi racconti, avevano trascorso insieme a Jessica l’ultima sera di vita della vittima e i due quel giorno si erano sentiti più volte tra loro. Una perizia sui cellulari ha stabilito che avrebbero cancellato, attraverso una app, decine di telefonate intercorse tra il 12 e il 13 giugno. Da quel giorno i contatti si esauriscono.
«Spero si arrivi ad individuare i responsabili» ripete Giovanni Mantovani, padre di Jessica. «Poi - aggiunge - chi l’ha ammazzata mi dovrà spiegare perché. Perché è stata riempita di botte e perché è stata gettata ancora viva nella centrale idroelettrica quando poteva essere salvata».
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