Omicidio di Esine, per il gip non è stata legittima difesa
Se avesse voluto difendersi, Bettino Puritani avrebbe potuto farlo in un altro modo, meno cruento e più semplice: avrebbe potuto scappare. Non l’ha fatto e, almeno per ora, la legittima difesa invocata dal 53enne, che lunedì notte ad Esine ha ammazzato a roncolate il suo ospite ai domiciliari, sussiste. Almeno non per il giudice delle indagini preliminari Lorenzo Benini che venerdì ha sciolto la sua riserva e respinto la richiesta di scarcerazione formulata dalla difesa dell’uomo detenuto a Canton Mombello dal pomeriggio dello scorso 2 giugno con l’accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi.
Se è di fatto appurata la circostanza che a portare in scena la roncola che poi l’ha uccisa è stata la stessa vittima, a cozzare contro l’ipotesi della causa di giustificazione per il gip è la circostanza - riferita da testimoni e ripresa dalle telecamere di videosorveglianza installate nei pressi del teatro del delitto - che Puritani abbia affrontato Vincenzo Arrigo e la sua cattiveria senza remore, lo abbia preso per i capelli, strappandogliene una vistosa ciocca, lo abbia disarmato e sia riuscito a stroncarlo con la stessa arma che avrebbe dovuto temere.
Per il giudice, che ha negato i domiciliari al 53enne, le esigenze cautelari sussistono: in particolare c’è il pericolo di reiterazione del reato. Il giudice teme che - se rimesso in libertà o anche solo ai domiciliari, ammesso vi sia una soluzione abitativa idonea - Puritani possa tenere comportamenti violenti nei confronti del prossimo, anche in virtù dei noti e cronici problemi con l’alcol. A fronte del rigetto della domanda di scarcerazione da parte del giudice è più che probabile che il difensore di Puritani, l’avvocato Marino Colosio, ricorra al Tribunale del Riesame. «Resto convinto della sussistenza della legittima difesa - ci ha detto il legale - che va valutata anche in relazione al contesto di estremo degrado nel quale è maturato il delitto. Sul fatto che sia stata la vittima ad impugnare e ad aggredire il mio assistito credo che nessuno possa avere più dubbi».
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