«Maester» al maglio: a 104 anni Severino tiene ancora lezione al Museo del Ferro

Una professione antica, portata avanti con passione per tutta la vita e che ora diventa un racconto ed un’arte da tramandare. È quella del «maester» al maglio, e Severino Zola, 104 anni a gennaio e da poco più di un anno ospite della struttura «Soggiorno Sereno» l’ha esercitata per anni.
Il racconto
L’età avanzata e le gambe malferme non hanno impedito a Severino nei giorni scorsi di mostrare ad un gruppetto di ospiti, accompagnati dal personale della casa di riposo e da alcuni familiari, le peculiarità della fucina di Pamparane, oggi Museo del Ferro di Odolo. Qua ha fatto lui da guida, spiegando da vero appassionato che cosa voleva dire essere un «maester» al maglio, l’attrezzo ormai antico che ha reso Odolo la capitale delle «ferrarezze»: zappe, vanghe e badili di diversa fattura che venivano venduti in tutte le regioni d’Italia.
Un’attività esercitata a lungo la sua, proprio in quell’officina, dove era stato richiesto da Dario Leali, uno dei fautori della moderna siderurgia odolese. Qui dopo essersi separato dal fratello Renato ha lavorato ancora vent’anni, fino a quando l’attività ha chiuso i battenti, vinta dai moderni metodi di produzione.
Da attività a museo
In virtù di questa sua esperienza, molti anni dopo, quando Dario Leali ha donato i magli della Pamparane al Comune perché ne facesse un museo, ha partecipato attivamente alla sua ricostruzione. La fucina era in pessime condizioni: i locali erano finiti sotto il fango e nella roggia che portava l’acqua alla vasca di accumulo era stata creata una fogna.

Durante la ricostruzione Severino ha affiancato gli ingegneri preposti ai lavori, indicando come muoversi affinché i magli tornassero ad essere efficienti al cento per cento. Ad accompagnarlo nella visita Renato, anche lui ospite della Rsa, e Giovanni Carli, che in un’officina a Cagnatico, all’età di 12 anni, per un certo periodo ha ricoperto il ruolo di «pütì de la stanga»: il «maester» dava indicazione alzando o abbassando la testa, il «pütì» eseguiva modificando con la leva la portata dell’acqua, per far battere più veloce o più lentamente il maglio. Le loro memorie sono già diventate materiale per molte pubblicazioni. Ma ascoltata dalla viva ed appassionata voce dei protagonisti è tutta un’altra storia.
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