Valsabbia

Lorandi, procuratore chiede rigetto ma sbaglia nome della vittima

L'udienza sarà celebrata a distanza. Il Pg ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso, sbagliando però nella memoria il nome della vittima
Bruno Lorandi in Tribunale
Bruno Lorandi in Tribunale
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L’ultimo atto di una vicenda giudiziaria in verità già chiusa per la giustizia italiana si celebra a distanza causa Covid. Non in remoto e quindi nemmeno in contraddittorio. Ma a colpi di atti depositati tramite mail.

Venerdì la Corte di Cassazione deciderà definitivamente sulla richiesta di revisione del processo avanzata da Bruno Lorandi, il marmista di Nuvolera condannato all’ergastolo per l’omicidio della moglie Clara Bugna morta il 10 febbraio 2007. La Corte d’appello di Venezia l’11 novembre di un anno fa aveva dichiarato inammissibile il ricorso, non ritenendo nuove le prove fornite dall’avvocato Alberto Scapaticci, storico legale di Lorandi. E quindi solo la Cassazione può ribaltare o mettere il punto fermo una delle storie di cronaca nera che più si ricordano in provincia di Brescia.

Nei giorni scorsi il sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione Francesca Loy si è già espressa, chiedendo ai giudici di dichiarare inammissibile il ricorso. Sbagliando però nella sua memoria il nome della vittima. Indicando in «Caldera Luigina la moglie dell’imputato condannato all’ergastolo».

La richiesta di celebrare un nuovo processo è basata su una perizia tecnica: per la difesa dimostrerebbe che la mattina del delitto il ferro da stiro di casa Lorandi, stando ai picchi rianalizzati con la tecnologia di oggi dal professor Alessandro Ferrero del Politecnico di Milano, aveva realmente stirato e non era stato solo acceso per una messinscena dell’imputato, come è stato ritenuto dai giudici di primo e secondo grado.

In tre pagine il sostituto procuratore di Cassazione scrive che «l’assoluta incertezza dell’accertamento peritale, l’inidoneià a scagionare l’istante dell’accusa di omicidio, la completezza degli ulteriori elementi probatori che dimostrano in modo incontrovertibile la colpevolezza, inducono alla chiara declaratoria di inammissibilità della relativa istanza di revisione». 

L’avvocato Scapaticci ha replicato con una lunga arringa scritta, attraverso la quale punta a dimostrare che «l’analisi tecnica condotta dal professor Ferrero ha dimostrato come il ferro da stiro non soltanto sia stato acceso, ma il pattern dei consumi evidenzia che l’elettrodomestico ha funzionato per più di mezz’ora e, pertanto, qualcuno la mattina del 10 febbraio 2007 ha effettivamente stirato». Con la perizia allegata alla richiesta di revisione del processo, secondo la difesa del marmista di Nuvolera «cadrebbe una parte fondamentale della ricostruzione accusatoria basata sui dati energetici e, in particolare, quella secondo cui Lorandi, tra le 6.36 e le 6.41 si sarebbe limitato prima di recarsi sul posto di lavoro ad accendere il ferro da stiro, con il preciso intento di simulare l’utilizzo da parte di altri e distogliere da sé ogni indizio di reità».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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