«L’Isis è criminale»: la condanna dell’Islam bresciano
Sono scesi in strada per manifestare contro l'Isis, condannando «ogni forma di terrorismo». E si sono ritrovati, tutti assieme, per prendere le distanze dagli attacchi dello Stato Islamico in Iraq e in Siria, contro cui gli Stati Uniti stanno organizzando un'attività di repressione su più ampia scala rispetto a quanto già messo in campo.
Sono i rappresentanti delle sedici comunità islamiche bresciane, guidati dal referente di quella di Vobarno, Youbi Mohammed. Si sono ritrovati in Valsabbia, nel venerdì di preghiera, per dire in modo chiaro che l'Isis «è criminale».
Sottolineando, in un comunicato congiunto, «la totale estraneità dell'Islam in relazione ai crimini commessi dall'Isis in nome della religione islamica, che hanno colpito Cristiani, Yaziditi, e gli stessi musulmani in Iraq e Siria, senza rispetto per la vita né per la storia di quelle comunità che hanno vissuto per secoli in quei territori».
Le comunità islamiche bresciane ribadiscono la loro solidarietà a tutte le vittime della persecuzione dell'Isis, «siano esse Cristiane, Yazidite, turcomanne, curde, a prescindere dalla loro religione ed etnia».
E la condanna per i terroristi arriva proprio in nome del Corano: «Dio dice nel Corano, parlando del Profeta Mohammed: "Non ti abbiamo inviato se non per misericordia verso i mondi"», si legge infine nella nota, che termina invocando la pace in tutto il mondo.
La manifestazione di venerdì mattina, a cui hanno preso parte un centinaio di persone, è avvenuta in un paese, Vobarno, segnato da una vicenda legata al fondamentalismo islamico. Qui viveva infatti Anas El Abboubi, il giovane di origini marocchine indagato per terrorismo e partito per la Siria per combattere, secondo quanto scriveva su facebook. Di lui, ora, si sono perse le tracce.
Il corteo ha poi raggiunto la parrocchia per un abbraccio, non solo simbolico, con don Giuseppe Savio. Felice di poter accogliere i rappresentanti dell'Islam bresciano: «Serve anche per spegnere quei focolai, che possono esserci sempre nella testa di qualcuno, per cui si vede nel diverso un nemico».
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