L'antica fornace cade a pezzi nella (quasi) totale indifferenza
Sgombriamo subito l’equivoco: non è certo obbligatorio del privato conservare beni che, a suo giudizio, non hanno valore. Questo è semmai un dovere delle Amministrazioni. Però sta destando scalpore il crollo quasi completo dell’antica fornace di Idro, inserita in un contesto naturalistico straordinario come quello della Paul, alle spalle di Castel Antic, dove forse un tempo il lago faceva le sue scorribande quando andava in piena.
Una parte è dei Gasparini e l’altra dei Rovatti. L’ultimo a farla funzionare è stato tal Stefano Morettini, originario di Sabbio, nei primi anni ’60. Poi l’inevitabile oblìo. Una decina di anni fa erano ancora visitabili i tre forni a base rettangolare, larghi come una camera da letto e alti come un condominio, con bocche di alimentazione che misuravano 1,3 metri di altezza e 56 centimetri di larghezza. Dentro c’erano ancora gli ultimi coppi cotti. A fianco ampi portici ben areati dove venivano posti ad essiccare i laterizi.
Una capacità produttiva spropositata, considerando che i documenti più antichi che riguardano l’impianto risalgono alla fine del Settecento e che nel 1861 Idro contava circa 800 abitanti, dediti per lo più al lavoro agricolo. Si spiega solo con la vicinanza alla materia prima e alla presenza della Rocca d’Anfo, che certamente venne prima ampliata e poi curata nella manutenzione con quei coppi emattoni.
Del resto, come ha ricostruito lo storico Giancarlo Marchesi, è certo che nel 1811 la fornace appartenesse a tal Giuseppe Treboldi, personaggio di spicco ad Anfo e che in epoca napoleonica ricopriva il delicato incarico di commissario di Guerra. A segnalare nei giorni scorsi con una nota la rovina di questo interessante esempio di archeologia industriale, come già aveva fatto negli anni scorsi quando proprio li accanto c’era l’intenzione di farci passare una tangenziale, il Forum Aqua Idro, che lamenta il silenzio di fronte allo scempio di una parte significativa della nostra storia.
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