Valsabbia

La storia della pala che visse due volte

Dall'incendio al restauro, passando per la sostituzione. Ecco la storia - lunga 400 anni - della Madonna con Bambino
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Dall’incendio al restauro, passando per la sostituzione. A Treviso Bresciano è questa la vicenda che in quasi 400 anni ha avuto come protagonista la pala seicentesca dell’artista Giovanni Andrea Bertanza, dedicata alla Madonna con Bambino tra San Giovanni Battista e San Carlo Borromeo. L’opera fu realizzata nel 1626 da Bertanza - attivo nell’area della Riviera Salodiana, alla quale la comunità di Treviso è appartenuta fino alla caduta della Repubblica di Venezia - su incarico dei fedeli della chiesa di S. Giovanni, in località Vico. 
 
Sul finire del XVII secolo, l’opera fu seriamente compromessa da un incendio. Il calore prodotto dalle fiamme «cristallizzò» la pala, tanto da renderla molto fragile. Per questo i fedeli vollero salvaguardarla con l’applicazione sul retro sia di una nuova tela sia di un tavolato. Tuttavia questi interventi non bastarono e sul finire del Seicento la comunità trevigiana si vide costretta a sostituire la pala danneggiata commissionandone un’altra con il medesimo soggetto: Madonna con Bambino tra San Giovanni Battista e San Carlo Borromeo.
 
All’inizio del nostro secolo, in occasione di alcuni lavori, la chiesa di San Giovanni ha restituito l’antica pala del Bertanza, ridotta però in vari frammenti. L’allora parroco della comunità trevigiana, don Fabrizio David, decise di affidare a un laboratorio specializzato la delicata opera di ricostruzione. Varie vicissitudini hanno accompagnato in questi lustri il restauro della tela, ma nelle settimane scorse l’obiettivo si è reso concreto: il restauratore Romeo Seccamani ha consegnato all’attuale parroco don Fabio Peli la preziosa tela. 
 
L’opera è stata fatta oggetto di un intervento minuzioso e complesso che ha dovuto confrontarsi con lacune pittoriche superate anche grazie al contributo dell’ispettore della Soprintendenza, Stefano L’Occaso, che ha seguito le ultime fasi del restauro.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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