Valsabbia

La meglio gioventù e il mondo del Silvestro

In officina coi calzoni corti, la nascita di un impero e la Valle nel cuore: il ritratto del patron della Fondital scomparso venerdì
Silvestro Niboli
Silvestro Niboli
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Un patron. Pochi uomini meglio di Silvestro Niboli possono incarnare al meglio il senso di questa parola francese: un padre, un imprenditore, un riferimento per i colleghi e per un territorio, qualcuno cui guardare perché gli si riconosce lungimiranza, qualcuno cui bussare per un consiglio, un suggerimento, un aiuto.

Lo incontrai per la prima volta una trentina di anni fa. Lui era già un signore a cavallo di quell’età dove in tanti pensano alla pensione. Ma aveva in tasca ancora un sacco di progetti. Mi disse che voleva arrivare a sette fabbriche. Al tempo mi pare di ricordare ne avesse già messe in piedi quattro o cinque. Ma lui aveva sette figli e voleva arrivare a sette. Un obiettivo ampiamente superato. Ci si parlò dandoci subito del tu e in dialetto. Non aveva remore, ne era anzi orgoglioso, a raccontare di quando cominciò a lavorare, ancora ragazzetto; di quando passava a piedi o in bici il passo del Cavallo per Lumezzane. E mi raccontò, mentre mi faceva vedere i capannoni di Vestone (che a me parvero, al tempo, già grandissimi) di quando decise di mettersi in proprio, dei sogni di un allora ragazzino nato col fumo nel naso, il tam-tam del maglio nelle orecchie, con le officine sotto e dentro casa, con le voglie del fare impresa che il Dopoguerra scatenò nella meglio gioventù del tempo.

La fabbrica, il lavoro, la famiglia: è attorno a questa virtù triplice che si è consumata una vita. C’era, com’è bene che sia, l’ambizione personale, ma - come si può intuire - per decidere avendo già quattro fabbriche che se ne volevano fare sette e poi dieci, dodici, e oggi credo il doppio, doveva esserci - deve esserci - una molla che va oltre il ritorno personale, il proprio guadagno. E per il Silvestro la molla era la Valle, la sua Valsabbia, la sua «zet», la sua gente. Non s’inerpicava in complicati ragionamenti: le cose andavano fatte bene, il bene dell’azienda veniva prima di tutto perché dall’azienda dipendeva il futuro di tante famiglie. Punto.

Ovviamente, per far questo bisognava fare gli investimenti, capire come andava il mercato, essere pronti a cogliere le occasioni, innovare, innovare e ancora innovare mai facendosi spaventare dagli investimenti perché solo con questi puoi avere un futuro. E quando lui diceva futuro si riferiva al suo, a quello della famiglia e a quello della Valle. E con queste poche, semplici regole, ha creato l’impero che oggi conosciamo.

Ribatto su quest’idea della Valle perché anche negli anni successivi, il Silvestro ci tornava. E lui andò un po’ in crisi, così almeno mi parve, quando il gruppo decise di cominciare a crescere all’estero. Ovviamente c’era la necessità di cogliere nuovi mercati che diversamente sarebbero stati occupati da altri e quindi con ricadute negative sul gruppo. Ma ci teneva a ribadire che sì, si apriva uno stabilimento all’Est ma che qui - a Casto, a Vestone, a Vobarno - si sarebbe fatto altro, che il lavoro non sarebbe mancato. Quando dico poche semplici regole non vorrei essere equivocato.

Silvestro Niboli era certamente un uomo semplice, ma aveva una visione moderna e che lui riassumeva in poche parole: «Non puoi mai star fermo». In questa sua costruzione di quello che oggi è fra i maggiori gruppi bresciani, fra i primi a livello nazionale ed europeo in alcune produzioni, il Silvestro non nascose mai di essere stato fortunato (o bravo) nello scegliersi i collaboratori più stretti, rigorosamente valsabbini, il che, se ci pensate bene, è la virtù prima di un imprenditore.

Adesso, l’eredità passa per intero ai sette figli da anni ormai presenti e guida del Gruppo. È un’eredità florida e impegnativa. Florida perché, va da sé, il Gruppo è forte e solido. Ma è anche un’eredità impegnativa, com’è sempre se ci si assume la corrispondente responsabilità che quell’eredità comporta. Il mondo come mercato, la Valsabbia nel cuore e nelle radici: questo è il lascito del Silvestro. Ci sono buone speranze che l’eredità venga - per intero - onorata.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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