«In Piazza con Noi» a Bagolino esorta i giovani a restare
Persiste, millenariamente, a donare di sé un’idea di forza e di fortezza, sta lì, unito a rimirare tutti i suoi punti cardinali, Bagolino, compatto di un solo punto di vista nel senso che da ogni parte vedi quello che l’altro vede e soltanto l’eremita dell’eremo di San Gervasio e Protasio, lassù, a nord ovest, bianco come un pezzo di lenzuolo lavato di primavera, lo controlla da capo a piedi.
Da qui, l’eremita vedeva tutta la valle e lanciava l’allarme sugli incendi e sui potenziali assalti da fuori, denunciava i pericoli con un tocco di campana da sentire in mezzo alla chiesa quasi cattedrale e nel cuore dell’attuale casa di riposo e intorno sulle malghe di Bagolino, ora chiuse dopo la transumanza di questi giorni, più di dieci e meno di venti scese nel cuore del paese, nelle stalle lussuose perché lì passi l’inverno.
Una quindicina di malghe transumanti su cui, «In Piazza con Noi», domenica in diretta su Teletutto dalle 11 fino alle 12.30 (replica alle 20,30) trasmetterà la vita, insieme al messaggio vivo dedicato a una gioventù tesa a stare qui dove esiste economia e cultura, turismo e un andare e venire da permettere un non luogo a procedere contro l’assenza di futuro.
Toccherà a Marco Recalcati e Clara Camplani raccontare la festa. «State qui», esorta il sindaco Gianzeno Marca. State qui giovani di Bagolino e dintorni, c’è da lavorare, da curare un bosco unico al mondo, da cucire il lago d’Idro con il Gaver e il Maniva, da studiare chiese e arte, eremi e cascine, malghe e botteghe in una Bagolino con un Carnevale mondiale da tirare ancora più in alto e ordinato per non perdere il 10 e lode consegnato dalla storia.
Mentre sputiamo sangue salendo all’eremo, in un bosco scivoloso per l’acqua venuta giù a salve, il primo cittadino informa di una ricchezza straordinaria di prodotti della natura. E intanto incita la gioventù di Bagolino, a cui dedica la piazza, a non andarsene via.
Sale con noi con passo sicuro e lingua intelligente, la prima guida ambientale ed escursionistica di Bagolino: si chiama Nadia Panelli e narra la leggenda dei due santi dell’eremo, Gervasio e Protasio: «Apparvero in sogno - dice - alla famiglia Gagliardi e chiesero di costruire un eremo. In cambio fu donato il percorso di un filo d’acqua buona come il pane».
Era il 1500 e rotti e l’aria della Controriforma fischiava potente e chiedeva santi, miracoli e purificazioni popolari. L’eremita arrivò appena costruito l’eremo, fece da sentinella e nell’immenso incendio del 30-31 ottobre 1779 avvertì Bagolino suonando, allora inutilmente, la campana. Ottobre 1804, bando di concorso comunale per un posto di eremita, il quale avrà per sé un orto, una capra, semente giusta e al sabato scenderà in paese per una questua dignitosa. Metà anni Sessanta l’eremita sparisce.
Qui esiste un turismo di varia specie: turismo ambientale, sportivo, unendo la vela con gli sci, un turismo enogastronomico, certo, in prima fila il Bagoss che ha appena sposato i casoncelli di Barbariga (il formaggio viene grattugiato sulla gobba della pasta padana); e poi il turismo scientifico, storico-religioso; il turismo, insomma, di poter star bene in questa fortezza forte con un piede nel Trentino, ma pienamente bresciana come sostengono pastori e allevatori, sentieri e acque discendenti dal Blumone del Gaver, e dentro la brescianità dalla acque del Maniva: la fabbrica omonima la vedi come seduta sulla riva del Caffaro, discendente con forza verso il lago d’Idro.
Domenica una schiera di mondo volontario vivrà la nostra piazza e l’ultima aspirante madre salita, allora, all’eremo per chiedere la nascita di un figlio da pescare da un pozzo parallelo alla chiesetta, narrerà come si chiama oggi quel bambino e quante volte l’anno sale per ringraziare i santi.
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