Il fratello di Lahlaoui: «Se è coinvolto è giusto che paghi»
«Se coinvolto è giusto che paghi». E’ convinto che il fratello sia estraneo a tutto, ma se così non fosse non chiede sconti. Zouhair è il fratello minore di Mohammed Lahlaoui, arrestato in Germania con l’accusa di avere legami con uno degli attentatori di Bruxelles. La sua famiglia, il fratello appunto e la madre, seguono la vicenda da lontano, da Vestone, in Valsabbia, dove anche Mohammed ha vissuto fino al 2014, prima di essere espulso per una serie di reati collezionati nei suoi sei anni bresciani.
Zouhair non si nasconde. Non si sottrae alle domande. Affronta con compostezza il fatto di trovarsi in una posizione che risulterebbe scomoda a chiunque, quella di chi si trova a vivere e lavorare in una comunità che ora si interroga sul fratello e sui suoi presunti legami con gli attentatori di Bruxelles.
«Mio fratello l'ho sentito l'ultima volta tramite messaggi e via Facebook, nient’altro». A Mohammed Lahlaoui gli inquirenti tedeschi contestano una serie di sms scambiati con Khalid El Bakraoui che si è fatto saltare in aria nella metropolitana di Bruxelles. In particolare c’è il messaggio delle 9.08 di martedì, tre minuti prima dell’esplosione. Una sola parola nel testo: «Fin» in francese. «Non è come sembra» dice oggi il fratello minore di Lahlaoui.
«Fin non vuol dire "fine", come è stato interpretato. Nello scrivere sms, non usiamo caratteri arabi, ma quelli del vostro alfabeto. E "fin" sta per “alla fine dove sei?"».
«Io sono diverso da mio fratello, non avevamo un grande rapporto» dice il giovane. «Domattina alle 5 sono in fabbrica. Non ho reati alle spalle. Ma so – aggiunge – che tutto questo non conta. Spero che lui non centri nulla. Lo spero soprattutto per mia madre, che sta soffrendo molto. Ma mai - giura - mio fratello ha parlato di terrorismo».
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