Dalle acque bianche del torrente a tre maxi discariche con Pcb
Tre maxi discariche di rifiuti. Sono quelle sequestrate ad Agnosine dai Carabinieri Forestali della Stazione di Vobarno, su disposizione del gip, al termine di una lunga e complessa indagine iniziata a febbraio 2019, quando i militari si sono imbattuti in un torrente le cui acque erano diventate completamente bianche per un tratto di circa 600 metri, con alveo ricoperto da abbondanti depositi di fanghi dello stesso colore e da incrostazioni di aspetto calcareo.
I militari sono giunti alle discariche proprio cercando la causa di quegli sversamenti. L'hanno individuata in quella che una nota diffusa dall'Arma indica come «centinaia di migliaia di tonnellate di scorie prodotte da tre acciaierie del limitrofo Comune di Odolo – di cui solo una ancora attiva ma delle quali non è stata resa nota la ragione sociale, ndr – tombate negli Anni ‘80 in altrettante discariche che occupano una superficie di oltre 5 ettari e che sono ubicate a ridosso del corso d’acqua, oggi celate dalla vegetazione boschiva, senza che venisse predisposto dai rispettivi proprietari un idoneo sistema di raccolta e gestione del percolato, obbligatoriamente previsto sia dalle norme dell’epoca che da quelle attuali».
Quattro le persone finite nei guai, con l'accusa di inquinamento ambientale aggravato, posto in essere senza interruzione dal 1987 ad oggi. Rischiano la reclusione fino a 6 anni e una multa che potrebbe arrivare a 100mila euro.
Tra i contaminanti individuati anche grazie alle analisi condotte da Arpa Lombardia, l'idrossido di calcio (che conferiva il colore biancastro alle acque), ma pure metalli pesanti quali Piombo, Zinco, Cadmio e sostanze purtroppo di ben nota pericolosità per i bresciani, quali i Pcb (Policlorobifenili).
Tre degli indagati, dirigenti dell’acciaieria ancora attiva, sono inoltre accusati di aver commesso anche il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, punito con la reclusione da due a sei anni. Secondo la ricostruzione dei militari, dal 2008 avrebbero appositamente trattato il percolato frutto delle attività di lavorazione prima di riversarlo nel torrente così da renderlo meno facilmente individuabile.
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