Cervelli in fuga? Linda sceglie l’Italia per combattere i tumori
Si può fare ricerca anche in Italia. Ai massimi livelli. Ne è convinta Linda Bianchini, 25enne di Vestone laureata in Scienze fisiche, che nel Belpaese, spesso ricordato per i «cervelli in fuga», c’è rimasta per volontà. Perché qui ha trovato le migliori opportunità. Dopo il corso di laurea triennale alla Cattolica, a Brescia, e la laurea magistrale in Fisica a Pavia, Linda ha lavorato sei mesi in una clinica ospedaliera in Inghilterra. Poi è tornata in Italia per il dottorato.
In un’epoca di cervelli in fuga, quello di Linda non fugge, ma certo corre veloce verso le nuove frontiere della scienza, della fisica applicata alla medicina. Perché il suo progetto di dottorato, attuato all’Università degli studi di Milano in collaborazione con l’Istituto Europeo di Oncologia fondato da Umberto Veronesi, si occupa di una nuova disciplina che può aprire nuovi scenari in oncologia: la radiomica. «Svolgiamo analisi di tipo quantitativo - spiega Linda - su immagini radiologiche per ottenere dati utili a valutare determinate patologie, soprattutto oncologiche». Una ricerca che nasce dall’evoluzione tecnologica della diagnostica per immagini, che sta rivoluzionando la capacità di ottenere diagnosi precoci e informazioni utili per definire cure sempre più personalizzate. «Studiamo - spiega - l’organizzazione spaziale e l’eterogeneità del tumore. Lavoriamo su immagini radiologiche con algoritmi. È dimostrato che queste informazioni, peraltro ottenute in modo non invasivo, sono correlate ad aspetti funzionali del tumore stesso».
La radiomica consente insomma di «disporre di informazioni che vanno al di là di quelle che il medico può ottenere guardando un’immagine radiologica a occhio nudo, di andare "oltre" quello che l’occhio umano e l’esperienza permettono di comprendere». Risvolti pratici. È un nuovo, affascinante fronte di ricerca, che ha un interesse crescente e coinvolge specialisti di diverse discipline. «Fisici, medici, statistici, chimici, biologi…», dice Linda. L’obiettivo è «definire modelli che siano di supporto clinico, con risvolti pratici nel fare diagnosi patologiche e soprattutto nella scelta di strategie terapeutiche mirate e personalizzate». Il sogno nel cassetto? «Il primo obiettivo è imparare tanto durante i tre anni di dottorato. Per ora non sappiamo che strade prenderà la ricerca. In ogni caso, il sogno è poter dare il mio contributo personale alla ricerca nella lotta contro il cancro». Una ricerca made in Italy. «Certo - conclude Linda -, anche qui si può fare ricerca all’avanguardia, ben supportati e in spazi adeguati».
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