Bione saluta il "Guera", l'ultimo dei mandriani
Non c'era mai andato dal dottore. E quando gli hanno visto cedere ad un allevatore della Bassa le ultime mucche che gli erano rimaste, prima di andare all'ospedale per i dolori che sentiva nelle ossa, agli amici aveva risposto che lo faceva per evitare che dovesse essere qualcun altro a vendergliele. Lo avevano anche a preso in giro: «Ghét pòra? Che fèt dopo quànd te tùrnet endré? (Hai paura? E cosa fai poi quando ritorni?)».
Aveva ragione lui. Guerrino Bonetti, classe 1935, dall'ospedale è tornato con i piedi in avanti. Settembre è finito senza di lui e c'era tutto il paese ad accompagnarlo nel suo ultimo viaggio. Per tutti era il «Guera». Era l'ultimo mandriano che ancora pascolava le mucche in «No», l'altopiano bionese.
Un vero personaggio. Anche perché la vita ritirata in montagna non gli aveva impedito di costruire un solido intreccio di relazioni umane con un sacco di gente. Da maggio a novembre viveva nel fienile di «Cap de Hè», con le vacche all'alpeggio. D'inverno scendeva in quello di «Damenùr», più vicino al paese. E allora qualche notte la passava anche nella sua casa di Bersenico Sopra.
Alla logistica, ovunque fosse, pensava la nipote Fiorenza. Quando gli serviva, una mano con gli animali gliela dava l'Edoardo. Fra le divagazioni autunnali, qualche schioppettata al capanno col Gualtiero. Sempre però era pronto un bricco col caffè, a corroborare lo scambio di opinioni con chi andava a trovarlo. E c'era sempre qualcuno, del resto al Guera gli argomenti per rendere piacevole la discussione non mancavano mai. Si lisciava gli invidiabili baffi, ti scrutava con gli occhietti vispi e sapeva sempre cosa dirti.
Attingeva a quel pozzo d'esperienza vera e di sensibilità, che solo una vita scandita dai ritmi della natura e dalla stagionalità delle occupazioni può dare.
Ubaldo Vallini
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