Alla scoperta dei tesori d'arte e dei luoghi di culto di Serle
Il territorio serlese merita di essere conosciuto non soltanto per la bellezza del paesaggio e di una natura incontaminata. La storia millenaria dei suoi abitanti ha lasciato infatti in eredità sorprendenti tesori d’arte, racchiusi nelle numerose chiese. Se il monastero di San Bartolomeo, l’antico San Pietro in Monte, è ben noto, certo lo sono meno gli altri luoghi di culto di Serle. Ai villeggianti che arrivano qui nella stagione estiva per ritemprarsi con passeggiate sull’altopiano, è consigliato scoprire il patrimonio artistico.
Ecco cosa vedere.
Chiesa parrocchiale di San Pietro in Vincoli
Eretta tra il 1711 e il 1747, ha un altare maggiore di fattura barocca, con un ricco paliotto al cui centro è raffigurata, con finissimo intarsio di marmi, pietre dure e madreperla, l’Ultima cena. La pala, che ha per soggetto la Liberazione di san Pietro dal carcere, è stata attribuita da Sandro Guerrini a Francesco Lorenzi, allievo di Tiepolo, come pure i tre ovali con scene della vita di san Pietro conservati in sacrestia. Degne di nota anche le opere del maestro marmorario Francesco Bombastone e la tela con La cena in casa del fariseo, assegnata a Gaetano Gandolfi.
Santuario dell'Annunciata
Lo storico Vanni Massari ricorda che «l’edificio originario era molto antico: compare in documenti del 1138, quando fu oggetto di permuta tra il monastero di San Pietro in Monte e la pieve di Nuvolento». La ricostruzione fu ultimata nel 1566. Al suo interno si può ammirare la grande tela del Giudizio Universale, attribuita a due pittori francesi secenteschi, i fratelli Claudine e Antoine Bouzonnet-Stella.
La coppia, secondo la leggenda, sarebbe fuggita da Lione per motivi politici, trovando infine ospitalità a Serle. A quel periodo risalirebbe l’esecuzione dell’opera che però non sarebbe piaciuta ai committenti, vuoi per il carattere demoniaco di alcune figure, vuoi per le troppo nudità dei personaggi femminili, che nel 1720 il cardinale Querini, in visita al paese, avrebbe ordinato di ricoprire. Ancor oggi, il santuario viene popolarmente definito, proprio a causa della rappresentazione dell’inferno che caratterizza il dipinto, la «césa del diàol». Il luogo di culto accoglie inoltre l’altare edificato su lascito di Gerolamo Tonolini, a cui si deve la tradizione, rispettata puntualmente ogni Venerdì santo, del dono a tutte le famiglie di un pane e di una candela. Pregevoli anche gli stucchi e il gruppo di statue di angeli conservati nel tempio.
Da visitare pure le altre chiese serlesi: quella dei Santi Firmo e Rustico, nella borgata di Ronco; quella di San Luigi, nella frazione di Villa; quella dedicata alla Beata Vergine di Caravaggio, che sorge a Manzaniga; e ancora, la chiesa dei Santi Angeli custodi, a Salvandine, e quella di San Gaetano, nel borgo di Castello.
Torna l'appuntamento alla sagra «Bróstoi e formài»
Finalmente Serle torna capitale del gusto della tradizione con uno degli appuntamenti più attesi in tutto il territorio valsabbino e bresciano. Fervono in queste settimane infatti i preparativi per la ventunesima edizione della «Bróstoi e formài», la grande sagra gastronomica autunnale organizzata dalla Pro loco: un evento che richiama a Serle numerosissimi visitatori, anche da fuori paese. «Quest’anno l’appuntamento è ancora più atteso del solito - sottolinea Marco Tonni, presidente del sodalizio -. Arriva infatti dopo la pausa forzosa conseguente alla pandemia. Adesso possiamo finalmente ripartire».
La «Bróstoi e formài» 2022 è in calendario domenica 16 ottobre, e si terrà, come in passato, nella frazione di Villa. Tra le novità di rilievo, una su tutte, che permetterà di accogliere ancora più visitatori e golosi: l’anticipo dell’orario di distribuzione delle specialità culinarie, che sarà quest’anno possibile già dalle 13, per continuare poi fino alle 18. «Stiamo studiando anche la proposta di piatti inediti, ovviamente sempre ispirati ai prodotti tipici serlesi - spiega Tonni -. Pensiamo ai "capucì", gustosissimi involtini di verza, ma pure a ricette a base di funghi e delle prelibate castagne dei nostri marroneti». Non mancheranno le manifestazioni collaterali, a partire dalla riproposizione del rito della tradizionale pigiatura dell’uva.
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