Vigili del Fuoco, quando la valanga minaccia anche i soccorsi
Ad aprile poteva sembrare azzardato pensare ancora alla neve e prepararsi ad affrontare anche eventuali emergenza in quota. I fiocchi caduti abbondanti sulle Alpi bresciane dà merito al personale Saf avanzato (acronimo di Speleo-alpino-fluviale) dei Vigili del Fuoco che a dispetto della primavera sono tornati ad addestrarsi sulle nevi di casa nostra.
La formazione. Una trentina le unità di tutta Lombardia, guidate da personale del Comando provinciale di Brescia, impegnate in due sessioni da due giorni ciascuna sulle nevi camune. Attività di formazione dedicate alla gestione di una squadra in valanga e alla mitigazione del rischio in ambiente invernale. In altre parole: obiettivo del corso era capire le caratteristiche dei rischi inevitabili e non azzerabili in un contesto che non è ozioso definire ostile per chi è chiamato a soccorrere chi già versa in difficoltà.
Che fare in caso di incidente in valanga a carico della squadra che sta prestando i soccorsi (tecnicamente si parla di autosoccorso)? E ancora prima, come operare nell’eventuale gestione di un primo intervento in valanga, anche in caso di operazioni congiunte con altri enti?
Artva & co. Al centro della due giorni di attività formativa è stata in particolare la gestione della ricerca Artva in un ambiente reale di valanga, con il ricorso a tecniche specifiche che sono quelle dei cancelletti Artva, della conoscenza del proprio dispositivo e delle principali tipologie di uno strumento fondamentale per chi opera il soccorso in ambiente innevato oltre che per chi va comunemente in montagna.
Sonde e pale. Spazio poi a tutte le altre tipologie di strumenti vocati espressamente per le operazioni di ricerca e soccorso, come pale sonde a frusta, a settore, in carbonio ALU o Stell, sonde intelligenti, pale leggere, e pale per scavare. Strumenti dai nomi evocativi la cui puntuale conoscenza può concorrere a fare la differenza.
Consapevolezza. Ancor prima della conoscenza tecnica di alcuni strumenti, quella che gli istruttori hanno cercato di trasmettere è la necessaria consapevolezza di quello che comporta operare in simili contesti e della differenza di impatto psicologico che intercorre, in particolare, tra intervenire come soccorritori su un incidente già accorso rispetto alla gestione di un intervento che vede direttamente coinvolti gli operatori dell’emergenza.
I 15 minuti d'oro. Tra le regole preziose declinate, quella dell’importanza di ottimizzare l’attività dei primi 15 minuti, quelli nel corso dei quali il 90% dei soggetti travolti da una valanga viene estratto vivo. In questo senso, è fondamentale conoscere la Curva di sopravvivenza che riduce inesorabilmente ed esponenzialmente dopo 45 minuti la possibilità di successo, pur nella consapevolezza che la storia del soccorso riporta molti salvataggi anche dopo diverse ore. In altre parole, l’obiettivo deve restare la ricerca di persone vive.
Autosoccorso. Certo tutto si complica se bisogna imparare a gestire il gruppo di soccorso in caso sia lo stesso ad essere travolto accidentalmente da una valanga. Nell’addestramento è stato ribadito come sia determinante far propria la scaletta dei punti principali in caso di incidente: identificare il leader, gestire il gruppo, identificare il punto ultimo di avvistamento, chiamare i soccorsi, ricercare abbinando vista e udito per tutto lo svolgimento dell’attività. E ancora: leggere e interpretare una valanga, individuando punto di distacco, zona di scorrimento, accumulo principale e accumuli secondari.
Sci o ciaspole. Seguono quindi scelte operative a volte dettate dalla logistica: intervenire con gli sci, piuttosto che con ciaspole ai piedi, bonificare la valanga partendo invece che dall’alto o dal basso o ancora dal mezzo. Da ultimo, c’è da gestire il rischio di ulteriori valanghe che possano ulteriormente abbattersi sui soccorritori.
Ritrovamento. Tanti gli aspetti su cui i trenta operatori hanno dovuto concentrarsi. Differenti infatti possono essere gli approcci in caso di una ricerca di una sola persona o al contrario di più soggetti. Molti gli aspetti di cui tener conto in un contesto operativo già di per sé complicato e in un lasso di tempo minimo: la gestione dei corridoi di ricerca, la ricerca del primo segnale e la velocità con le quali eseguire le varie fasi di ricerca: primaria e finale, quella che conduce all’identificazione di quello che gli addetti ai lavori definiscono «cubo di ritrovamento».
E ancora: come individuare gli spazi vitali e la camera d’aria della persona individuata. Quali tecniche di sondaggio applicare, come utilizzare sonde classiche e sonde intelligenti. Come intervenire in caso di seppellimenti mutipli e ravvicinati, piuttosto che su seppelimenti profondi (vale a dire oltre i 2 metri e mezzo di coltre nevosa). Come scavare individualmente o in gruppo. E in caso di successo, come provvedere alla gestione di base dei problemi sanitari legati all’ipotermia, ecc.
Gestione del rischio. In altre parole, gli istruttori Saf hanno cercato di sviscerare tutti gli aspetti legati al contesto della valanga per render sempre più consapevoli gli operatori della complessità di un intervento all’interno dello scenario della montagna innevata. Tanto suggestivo quanto potenzialmente ostile. Saper gestire e mitigare il rischio con una serie di atteggiamenti che dipendono dalla preparazione fisica e dalle conoscenze dell’ambiente sono aspetti basilari: un Artva di ultima generazione o uno zaino con Abs non potranno mai evitare di imbattersi in una valanga: semmai, la loro presenza e perfetta conoscenza saranno preziosi per risolvere al meglio il problema qualora si verificasse.
Know-how. Il corso è stato anche occasione per un confronto tra il personale più esperto dei vvf Saf e alcune delle ditte leader di settore per conoscere al meglio i loro prodotti, al fine di avere dettagli preziosi da chi quel materiale ha concepito e al contempo per valutare quali siano gli strumenti più adeguati per le esigenze operative dei Saf nello scenario della valanga.
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