Uomo nel crepaccio: ecco come si soccorre
È un’estate eccezionale, caratterizzata da temperature elevate e scarsità di precipitazioni. L’andamento climatico ha effetti notevoli anche sui ghiacciai alpini e in quota ci si trova in presenza di un ambiente del tutto differente rispetto all’estate scorsa.
I soccorritori del CNSAS (Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico) devono essere sempre preparati per affrontare terreni con caratteristiche che cambiano: proprio nei giorni scorsi, in Alta Valle Camonica, nei pressi della Vedretta del Venerocolo, ai piedi della parete Nord dell’Adamello, si è concluso il “Modulo Ghiaccio”, inserito nel programma di formazione per tecnici di soccorso alpino (TeSA), organizzato dalla V Delegazione Bresciana.
Rispetto al luglio dell’anno scorso, molto fresco e piovoso, i dati meteorologici mostrano nel 2015 uno scenario del tutto differente, con il mese di luglio più caldo e secco da quando si effettuano rilevazioni scientifiche e con una prolungata assenza di precipitazioni, rare e per lo più collegate a temporali di calore locali.
La temperatura a 3000 metri di quota non è mai scesa sotto i 6 °C, con punte fino a 12 °C registrate per più giorni consecutivi. Le vie classiche quindi, date le condizioni climatiche, quest’anno richiedono competenze diverse agli alpinisti e ai frequentatori della montagna in quota, in un ambiente molto più difficile del solito. Operare in questi contesti richiede grande esperienza e capacità valutativa da parte dei soccorritori. L’addestramento al quale vengono sottoposti è improntato sull’approfondimento sia della parte tecnica, sia di quella sanitaria, con la presenza di medici e istruttori, per poter gestire richieste che riguardano il soccorso organizzato in crepaccio e in ambienti confinati, spazi caratterizzati da aperture limitate in entrata e in uscita, dove le operazioni devono necessariamente svolgersi in tempi limitati.
La simulazione avviene posizionando un soccorritore figurante nel crepaccio, impossibilitato a muoversi, come se fosse ferito; si calano poi due operatori, di cui uno sanitario, con la barella, che abbinata ad altri presidi servirà per stabilizzare l’infortunato e riportarlo in superficie. La complessa sequenza di manovre necessaria viene messa in atto più volte, in modo che ogni singolo soccorritore possa essere in grado di eseguirla al meglio.
Questa specifica fase di esercitazione fa parte di un piano che terminerà nel 2016 e che prevede, in totale, 18 giornate formative.
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