Sulla zona frontale del ghiacciaio dell'Adamello ora si vedono le rocce
Il più grande ghiacciaio delle Alpi italiane: così, da sempre, viene appellato l’Adamello. Non si sa ancora per quanto tempo. Certo, ancora lo è, anche se le notizie che arrivano ogni anno, ogni estate, sono sempre meno confortanti. In dieci anni ha perso almeno cinquanta ettari, con una galoppata nell’ultimo biennio impressionante.
Nei giorni scorsi i tecnici della Commissione glaciologica Sat (Società Alpinisti Tridentini) hanno effettuato un sopralluogo alla fronte, nell’ambito della Carovana dei ghiacciai. E anche il loro feedback è impietoso.
La fusione dell’estate 2023, accelerata dalle giornate caldissime di agosto quando lo zero termico era arrivato ai cinquemila metri, ha evidenziato nella zona frontale del ghiacciaio i primi affioramenti di rocce nel punto del primo cambio di pendenza e dei crepacci. Sono poi ancora più evidenti i crolli circolari del ghiaccio, che hanno subito in brevissimo tempo un notevole aumento di dimensione, con laghetti vecchi e nuovi in formazione.
Cosa sta succedendo
A osservare quasi quotidianamente dall’alto, quindi con una vista privilegiata, tutti questi fenomeni è Maffeo Comensoli, comandante di Elimast: «Purtroppo le elevate temperature in quota fanno sì che il ghiacciaio stia regredendo moltissimo, anno dopo anno. È un fenomeno osservabile anche a occhio nudo. Non so se si tratti di una fase oppure se continuerà a diminuire sempre più velocemente, ma quello che vedo ogni giorno è un ghiacciaio davvero sofferente».
I progetti
Per misurare la sofferenza dell’Adamello sono in corso diversi progetti. Uno di questi, «Biodiversità ghiacciaio dell’Adamello», vede coinvolti il Parco Adamello e diverse università: insieme ai volontari del Servizio glaciologico lombardo a fine agosto sono stati raccolti tre tipi di campioni, per microbiologia, per contaminanti e inquinanti e per la ricerca di tracce di animali.
Da due anni è attivo «ClimAda», che ha effettuato carotaggi nel profondo del ghiacciaio, oggi in via di analisi e studio a Milano, mentre il progetto «Climbing for climate», cui partecipa anche l’UniBs, ha permesso di stabilire che il ghiacciaio si sta sciogliendo più velocemente del previsto e difficilmente sopravvivrà a questo secolo.
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