Valcamonica

Storia di una lotta caparbia, apre il Museo della Resistenza

Con testimonianze, foto e oggetti quotidiani, si ricordano i partigiani di Valsaviore
Il percorso. Pannelli e oggetti ricostruiscono la memoria nelle sale
Il percorso. Pannelli e oggetti ricostruiscono la memoria nelle sale
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Una data scelta non a caso, quella del 3 luglio, a 74 anni dallo spaventoso incendio che distrusse Cevo per mano dei nazifascisti. Con un po’ di ritardo (ma è valsa la pena attendere) ha finalmente aperto al pubblico il Museo della Resistenza di Valsaviore, un luogo dove sono raccolte memorie, oggetti e testimonianze della lotta partigiana locale, una delle più caparbie e ricche di avvenimenti dell’intera Seconda guerra mondiale in Valcamonica.

L’esposizione è situata nell’edificio delle ex scuole elementari, vicino alla pineta, ed è stata realizzata grazie all’impegno dell’Amministrazione comunale e dell’associazione Museo della Resistenza, con 250mila euro di fondi dei Comuni confinanti.

Di questo luogo dove fare memoria se ne sente parlare dal Duemila. Un progetto sostenuto dall’Anpi Valsaviore che ha mosso il primo passo concreto nel giugno 2011, quando il Consiglio approvò all’unanimità lo statuto del Museo. Gli anni sono passati un po’ costruendo e un po’ litigando, visto che non poche sono state le incomprensioni tra Comune e Anpi (l’inaugurazione era in programma il 25 aprile 2017). La determinazione del sindaco Silvio Citroni e del presidente del Museo Guerino Ramponi ha consentito di arrivare a un punto d’arrivo ieri.

I visitatori, percorrendo gli spazi allestiti su progetto di Carlo Simoni, potranno fare un percorso nella memoria attraverso i volti delle gente comune e delle attività quotidiane. In una sala è possibile ascoltare le parole dei testimoni ancora viventi, tra cui Rosy Romelli e Gino Boldini, mentre in un’altra si trovano le immagini drammatiche del paese ridotto in macerie dalla furia devastatrice delle milizie fasciste, accompagnate da musica e da luci. Proseguendo, si incontra uno spazio dove sono raccolti gli oggetti usati per vivere, combattere e purtroppo anche morire. Colpiscono le frasi di Rosy Romelli («la libertà è un dono da conquistare ogni giorno, perché non è detto che una dittatura non possa più tornare») e di Enrichetta Gozzi («perché oggi è brutto quello che si sente»).

«Abbiamo assunto come impegno programmatico qualificante la realizzazione del Museo della Resistenza e oggi apriamo le porte alla comunità, con priorità a quella di Cevo, vittima della tragedia di 74 anni fa. Possono sembrare tanti, ma sono come un pizzico di sabbia nel corso della clessidra della storia».

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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