Scalata notturna a zero gradi, per rivivere l'«Alba in vetta»
L’alba arancione arrivò - puntuale capolavoro della natura - leggera come un lenzuolo invisibile. E, per qualche minuto, la cima Venerocolo è diventata frontiera di pace, libro di storia e storie, terra di uomini di oggi ed eroi di ieri.
Cinquanta alpinisti, muniti di frontalino e accompagnati dal ricordo dei martiri dimenticati del Battaglione Valcamonica, hanno aspettato il mattino ai 3.330 metri di quota del crinale mozzafiato che unisce ciò che resta dei ghiacciai di Pisgana e Adamello: nella notte tra domenica e lunedì, per il secondo anno consecutivo, si è ripetuto il rito di «Alba in vetta» organizzato da «Dado» Ravizza, guida alpina e gestore del rifugio Garibaldi, e da Sergio Boem, autore del libro «Tra le pieghe di una vita».
«Abbiamo fatto colazione alle 2.30 e siamo partiti quaranta minuti dopo: all’alba eravamo su, puntuali», racconta il rifugista. Tutto perfetto, anche il freddo: zero gradi al rifugio, meno cinque a destinazione. Ma l’orizzonte limpido e il simbolico brindisi con le bollicine «Marchesine» hanno scaldato il cuore e cancellato la fatica.
Strada facendo, tra sbadigli e fiatone, la comitiva ha potuto ascoltare alcuni passaggi del libro scritto da Boem per onorare il ricordo del nonno, il tenente Ubaldo Ingravalle, e quello degli uomini del battaglione Valcamonica sacrificati per la patria sulle montagne del Nord Italia.
«Questo libro - racconta l’autore - vuole anzitutto essere occasione di riflessione per capire chi siamo e, soprattutto, cosa siamo diventati. Il Battaglione Valcamonica è un caso dimenticato da tutti: non esistono libri, non ci sono vie o scuole che ricordino queste 1.400 persone di cui non si sa praticamente nulla: eppure sono esistiti, avevano famiglie e storie che abbiamo il dovere di non dimenticare».
La sua lunga ricerca, che l’ha portato fino negli archivi di Stato della capitale, ha permesso di recuperare i nomi di quegli eroi dispersi e caduti tra il Monte Grappa e l’Adamello, tra il Tonale e la Venezia Giulia. «Il Valcamonica passò anche dal rifugio Garibaldi» ricorda Sergio Boem.
«E la nostra salita alla cima Venerocolo - aggiunge - è un atto di gratitudine e rispetto doveroso. Sono bastate due generazioni per dimenticarsi del Valcamonica che fu il secondo battaglione per numero di caduti e dispersi».
Così, uomini e donne in silenzio hanno camminato nella notte fino a raggiungere la vetta. E poi, alle 6,20, hanno aperto le porte sull’alba perfetta.
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