Reinhold Messner: «L’alpinismo anzitutto è un fatto culturale»
Quando uomini e montagne si incontrano grandi cose possono accadere. La celebre frase di William Blake è stata il filo conduttore dell’incontro avvenuto a Darfo con Reinhold Messner, organizzato nel contesto della rassegna promossa da Oltreconfine.
La grande sala del cinema Garden Multivision gremita in ogni ordine di posti ha accolto con calore una delle leggende dell’alpinismo, che non ha deluso le aspettative. Il tema dell’incontro è stato il fascino dell’impossibile, declinato dall’alpinista altoatesino attraverso il racconto delle vicende storiche e sportive di alcune delle montagne più affascinanti del mondo: Monte Bianco, Cervino, Aconcagua, McKinley, Nanda Devi, Annapurna, Everest , K2, Dhaulagiri, Nanga Parbat.
La partecipazione emotiva del pubblico è stata totale, sia per le splendide immagini delle vette proiettate, ottenute da elaborazioni di rilevazioni satellitari, sia per il racconto coinvolgente di Messner, che dopo il periodo della gioventù caratterizzato da grandi conquiste è impegnato in questi anni a dar forma a un alpinismo divulgato, attraverso i libri e i sei musei che ha creato su Alpi e Dolomiti, ai quali se ne aggiungeranno altri due fuori dall’Italia, sul Caucaso e sull’Himalaya.
«L’alpinismo per me è prima di tutto un fatto culturale, e solo secondariamente sportivo» ha ripetuto. La cultura della montagna è stato uno dei punti affrontati nella conferenza stampa che ha preceduto l’incontro. Un breve filmato sulla Valle dei Segni ha presentato a Messner alcune delle vette e delle valli del territorio camuno. I segni impressi sulle rocce degli antichi Camuni hanno riportato l’alpinista ad una dimensione sacrale della montagna che lo affascina molto ma che per lui è andata persa.
Grande è stata la sua curiosità. «Di cosa vive questa valle?» ha chiesto. Informato a riguardo, si è compiaciuto dell’esistenza delle aree naturali protette dello Stelvio e dell’Adamello, ha apprezzato i progetti in corso della Comunità montana per favorire la permanenza dell’uomo in montagna e riconosciuto anche all’ambito camuno grandi potenzialità derivanti dall’interazione tra turismo, artigianato e agricoltura di montagna. Gli è stato chiesto che cosa pensi delle tragedie che accadono in montagna: «L’alpinista estremo ha risposto - va dove non deve andare. Chi ritorna ha la risposta dal suo istinto di sopravvivenza». Parola di chi, 40 anni fa, realizzò la sua prima audace e visionaria salita dell’Everest senza bombole di ossigeno.
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