Valcamonica

Prete arrestato per violenza sessuale, Darfo è sconvolta

Incredulità, sgomento, tristezza e rabbia: questi sono i sentimenti della maggioranza delle persone che conoscono don Angelo Blanchetti
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Incredulità, sgomento, tristezza e anche un po’ di rabbia. Questi sono i sentimenti della maggioranza delle persone che conoscono don Angelo Blanchetti, il sacerdote di Darfo arrestato per le violenze sessuali nei confronti di un ragazzo di 12 anni.

A prevalere, in chi non ha mai avuto a che fare con lui, è invece il giustizialismo. I darfensi sono rimasti talmente colpiti dalla notizia che per l’intera giornata di ieri, sin dalla mattinata, l’arresto del sacerdote è stato sulla bocca di tutti, tra telefonate fiume e messaggi sui social.

In paese stentano a crederci, e sono quasi tutti con lui. Il parroco «mandato a Corna per risolvere i tanti problemi della parrocchia», colui che era «sempre disponibile ad aiutare anche in situazioni spinose» e che «piuttosto che farti un’osservazione ti chiedeva scusa» è molto amato dai suoi parrocchiani. «Quando l’ho saputo sono scoppiata in lacrime, non sono più riuscita a lavorare», dice una giovane, mentre uno dei papà dell’oratorio, anch’egli attonito, pensa che «se non fosse vero è comunque un uomo rovinato». Ieri sera c’era un incontro per organizzare il torneo di beach volley, ma la notizia ne ha pregiudicato lo svolgimento. «È impossibile - afferma un volontario - ma se fosse vero lo condanno in maniera forte»; e un altro aggiunge: «Siamo spiazzati, ci sentiamo traditi».

«Sono sconvolta - aggiunge un’anziana -, non ci credo». Anche tra gli ex parrocchiani ci sono molti scettici, tra i ragazzi che un tempo erano adolescenti e sono cresciuti con don Angelo.

Lo sfogo alla rabbia è affidato soprattutto a Facebook: il gruppo «Sei di Darfo se» ha visto una grossa discussione, con i moderatori costretti togliere alcuni post. «Fa effetto perché è conosciuto - scrive qualcuno -: se era di Roma l’avevate già condannato»; e, ancora, «se i carabinieri l’hanno arrestato è perché ci sono prove».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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