Pioggia record e tre «tappi»: così è arrivata l’alluvione in Valcamonica
Alcune zone sono ancora da indagare. E poi l’asta dei due torrenti, dai duemila metri e più della cima al fondovalle, dove scorre l’Oglio, è lunghissima. Ma a una prima stima, la quantità di materiale che ha investivo e invaso l’abitato di Niardo la notte di mercoledì si aggirerebbe circa sui 50mila metri cubi. Una piccola parte è già stata portata via dai camion, verso un sito messo a disposizione dall’impresa Giudici in bassa Valcamonica.
La massa di fango, massi, alcuni anche di dimensioni considerevoli, detriti, sabbia e terra, tronchi e altro materiale è distribuita per la gran parte su via Nazionale, tra le località Crist e Brendibusio e le stradine laterali, ma molto è anche su via Primo Maggio e nelle aree limitrofe all’alveo del Re e del Cobello.
Criticità
Sono i corsi d’acqua «colpevoli» d’aver collettato, in quota, enormi quantità di pioggia, che hanno trascinato a valle il materiale. I problemi si sono concentrati, in particolare, in tre punti critici (il resto del corso d’acqua era stato tutto regimato con i fondi della Legge Valtellina, dopo l’alluvione del 1987). Il primo, più a monte, è il canale di Edison, che parte dalla centrale di Cedegolo e turbina a Cividate: nei due attraversamenti del Re e del Cobello c’è un restringimento e l’alveo non è bastato a contenere la furia, esondando e invadendo alcune stalle.
La massa, nello scendere, ha poi incontrato un secondo ostacolo ben più ostico, la ferrovia, dove sono presenti due tombotti di un centinaio d’anni fa, quando fu costruita la linea, che hanno fatto da diga e tappo in una zona densamente abitata. Infine il terzo, nel punto di attraversamento della ex statale.«Si è trattato di tre dighe susseguenti che hanno purtroppo determinato lo sparpagliarsi dei materiali sul territorio - spiega Gian Battista Sangalli, direttore del settore Bonifica della Comunità montana -. La colata detritica è rimasta dentro i due alvei a monte del paese, grazie agli interventi realizzati dopo l’alluvione del 1987. Ma nelle tre strozzature è esplosa, invadendo le zone residenziali, anche con massi decisamente considerevoli».
A scatenare l’inferno, mercoledì notte, è stata la pioggia. Uno dei pluviometri ha registrato la caduta di 262 millimetri di acqua, di cui 110 solo nella mezz’ora tra le 23.45 e mezzanotte e un quarto. «Una precipitazione devastante - aggiunge Sangalli -: quando ci sono questi fenomeni non c’è nulla da fare, il sistema idrografico va in crisi. È stato un fatto molto localizzato su Niardo, che ha mandato in tilt tutti gli impluvi e i canali più piccoli si sono riempiti d’acqua. I materiali che si sono accumulati nel corso dei decenni sono stati trasportati a valle e sono finiti nei due torrenti. Sono cellule temporalesche molto localizzate».
La ferrovia
Secondo una prima previsione dei tecnici, potrebbe volerci una settimana per normalizzare la situazione a fondovalle, per riaprire la ex statale, al netto dei danni che sono stati causati.
Per la ferrovia, invece, i tempi si dilatano, ma non saranno brevi, visto che è stata danneggiata fortemente, ha fatto da diga e alcuni tratti di binari si sono spostati. Oltre al fatto che andrà anche risolto il problema dei due attraversamenti idraulici sui torrenti, anch’essi colpevoli di aver fatto da tappo e di aver fatto esplodere il materiale trascinato a valle, andando a invadere l’abitato.
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