Valcamonica

Omicidio Ziliani, tutti gli indizi che hanno portato agli arresti

Nell'ordinanza del gip tutte le tappe dell'indagine partita l'8 maggio a Temù che ha portato in carcere Silvia e Paola Zani e Mirto Milani
TEMU': MOLTE DOMANDE APERTE
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Tutti i pezzi del puzzle, raccolti minuziosamente settimana dopo settimana, sono ricostruiti nell'ordinanza firmata dal gip Alessandra Sabatucci che ha portato in carcere le sorelle Silvia e Paola Zani e Mirto Milani, accusati di aver ucciso e occultato il corpo della madre delle ragazze, Laura Ziliani.

Trentotto pagine che riassumono i mesi di indagine, mettono in luce i punti oscuri di dichiarazioni e intercettazioni, raccontano del ruolo cruciale che la comunità ha nella sorveglianza del paese e di ciò che accade per le strade. Tutti elementi che hanno consolidato il quadro indiziario contro le due figlie dell'ex vigilessa di Temù e il fidanzato della maggiore. Eccoli.

Gli indumenti seminati dei boschi

Il 23 maggio, a una settimana esatta dalla chiusura delle ricerche di Laura Ziliani, scomparsa l'8 maggio, il ritrovamento di una scarpa della donna rimette in moto la macchina dei soccorsi. «Tale ritrovamento imprimeva alle indagini un corso del tutto nuovo», scrive in gip nell'ordinanza.

Se il punto in cui la scarpa è stata ritrovata, a valle del torrente Fiumeclo, era compatibile con l'ipotesi che la donna fosse salita in val Canè per una passeggiata, era improbabile che il corso d'acqua, per la sua portata e la sua conformazione, l'avesse trascinata fino al punto del ritrovamento. La circostanza più credibile era che la donna fosse caduta in acqua non lontano dal punto in cui la scarpa fu ritrovata, ma le ricerche a vuoto avevano subito escluso questa ipotesi.

Si inizia dunque a pensare che la scarpa sia stata volontariamente piazzata vicino al torrente.

Due giorni più tardi - è il 25 maggio - un uomo che abita a Temù nota un ragazzo e una ragazza addentrarsi nel boschetto vicino a casa. Sono le sette di sera, i movimenti dei due lo insospettiscono. Li segue dunque da lontano col binocolo e quando si allontanano va a controllare: tra le sterpaglie trova una scarpa Salomon di colore violetto con delle strisce arancioni. Chiama i carabinieri, che sequestrano la calzatura, e dichiara di aver visto addentrarsi nel bosco una delle sorelle Ziliani insieme a Mirto Milani.

La scarpa, verificano gli inquirenti, era dell'ex vigilessa, compatibile con quella rinvenuta due giorni prima.

Il 10 giugno, nel letto del torrente Fiumeclo, vengono trovati dei jeans. Anche in questo caso la segnalazione arriva da persone che frequentano il paese, che notano i pantaloni in una fotografia scattata alle 17.29. Tre minuti prima, ricostruiscono i carabinieri grazie alle intercettazioni ambientali, Silvia, Paola e Mirto si trovavano a poca distanza dal torrente.

Le figlie confermano ai carabinieri che quei jeans sono proprio quelli che indossava la madre al momento della scomparsa (anche se il corpo, come sappiamo, viene ritrovato solo con indosso indumenti intimi). Di altro avviso il compagno di Laura, che non solo non riconosce il pantalone, ma dichiara anche di non averla mai vista uscire per un'escusione in jeans.

Un dato però è certo: anche in occasione del ritrovamento dei jeans, così come accaduto per le scarpe, i tre arrestati si trovavano a Temù. Di più: l'esame dei tabulati telefonici e delle targhe ha accertato che sia il 22 che il 25 maggio, Silvia e Mirto sono saliti in valle al mattino e sono tornati in città la sera stessa.

Le abitudini

Paola e Silvia Zani, figlie di Laura Ziliani
Paola e Silvia Zani, figlie di Laura Ziliani

Come detto, il compagno di Laura Ziliani ha dichiarato che non era abitudine della donna uscire per un'escursione indossando dei jeans, come invece riferito dalle due figlie.

Loro, raccontando della mattina dell'8 maggio, hanno descritto l'abbigliamento indossato dalla madre che hanno salutato poco dopo le 7. La sveglia per loro era dunque suonata presto: un'anomalia, secondo la nonna, che ai carabinieri ha raccontanto quanto fosse mattiniera Laura e quanto invece alle ragazze piacesse dormire «anche sino a mezzogiorno. Capitava che si presentassero per mangiare senza ancor aver rifatto il letto».

Un dettaglio confermato anche dalla vicina di casa di Laura Ziliani. «La mattina dell'8 maggio, alle 7.10, c'erano le luci accese sia della camera di Laura, del suo bagnetto privato, sia la luce accesa del bagno grande. Questa cosa mi ha un po' stupito, perché le ragazze, come ripeto, si svegliavano sempre molto tardi. Pertanto ho subito pensato che fosse arrivata Laura, che era l'unica mattiniera».

Il contapassi e il traffico internet

Secondo quanto ricostuito da Silvia, la mattina dell'8 maggio Laura Ziliani «era intenta a scorrere qualcosa sul suo cellulare, probabilmente era su qualche social». Poi, alle 7.05 esce di casa, ma senza lo smartphone che verrà poi ritrovato dietro una panca nella cantina adibita a spogliatoio, come se fosse caduto mentre si stava infilando le scarpe.

La consulenza informatica svela però che tra le 6.30 e le 7 l'applicazione contapassi Health non aveva registrato alcun spostamento, mentre invece segnala 38 passi compiuti tra 8 e le 8.20 del giorno della scomparsa, quando però Laura - secondo il racconto delle figlie - era già uscita.

Anche la geolocalizzazione rileva anomalie: il telefono è rimasto connesso alla rete ben oltre le 7, fino alle 9.57, quando poi si perde il segnale. Ritorna attivo alle 11.54, poi si disconnette fino al ritrovamento delle 13.49.

Le intercettazioni e i dialoghi sui soldi

«Ho sempre avuto l'impressione che tutti, sia Mirto che le mie nipoti, siano troppo attaccati al denaro» ha dichiarato la signora Marisa, mamma di Laura Ziliani. La donna - hanno stabilito le indagini patrimoniali - era comproprietaria con le figlie di numerosi fabbricati e terreni che generavano un reddito mensile elevato.

L'interesse per i soldi da parte di Paola e Silvia e di Mirto è emerso anche durante le intercettazioni. Dal 26 maggio, a meno di tre settimane dalla scomparsa, le conversazioni tra i tre si sono più volte concentrate sulla «volontà di intraprendere quanto prima la locazione di alcuni appartamenti, contattando i locatari di Laura per aumentare affitti, saldare arretrati, tentando di deviare i bonifici sul conto delle sorelle Zani».

Sorelle che proprio la mattina del 26 maggio si congratulano l'un l'altra per i soldi che a breve avrebbero incassato. «Tali captazioni, più di ogni altro elemento, mostravano l’assenza di qualsivoglia turbamento in capo alle sorelle circa le sorti della madre» è il pensiero del giudice che ha firmato i tre arresti.

Il dialogo tra le sorella Paola e Silvia Zani © www.giornaledibrescia.it
Il dialogo tra le sorella Paola e Silvia Zani © www.giornaledibrescia.it

E poi c'è Mirto, da sempre interessato al patrimonio della famiglia Zani/Ziliani. «Laura mi disse di aver avuto un litigio con lui - mette agli atti la madre -. Era stata accusata di spendere troppi soldi per la ristrutturazione di via Ballardini». Un progetto per il quale chiede anche sostegno economico anche alle figlie. Alla fine è Paola a partecipare, utilizzando parte dell'eredità ricevuta dopo la morte del padre. Mirto non fa mistero del suo disappunto per la gestione dei soldi.

Laura, racconta ancora la signora Marisa, «era rimasta basita dal fatto che Mirto potesse intromettersi in maniera così invasiva in situazioni economico finanziare che non lo riguardavano». Il suo interesse per il patrimonio della madre della fidanzata emerge anche nel corso «di una delle rarissime conversazioni registrate tra l'indagato e un amico ove Milano, mentendo, ventilava di una situazione debitoria che poteva aver indotto la suocera a scappare, inscenando la propria morte facendo trovare una scarpa», scrive il gip.

L'intercettazione di Mirto Milani © www.giornaledibrescia.it
L'intercettazione di Mirto Milani © www.giornaledibrescia.it

«Le indagini svolte - conclude il gip - non evidenziavano alcuna posizione debitoria a carico della scomparsa».

Il giro dei cellulari e le ricerche col pc

Nelle 38 pagine dell'ordinanza, un capitolo è dedicato alle attività di depistaggio. Paola, Silvia e Mirto consegnano i loro cellulari agli inquirenti il 26 maggio, giorno in cui i dispositivi vengono sequestrati. Agli investigatori è subito chiaro che si tratta di telefoni diversi da quelli usati nelle ultime settimane, come avevamo anticipato, e i tre si giustificano dicendo di averli venduti.

È il 22 luglio quando, accompagnati dal loro avvocato difensore, si presentano spontaneamente dai carabinieri per consegnare gli smartphone che avevano nei giorni della scomparsa di Laura Ziliani. I telefoni però sono stati riportati «alle impostazioni di fabbrica»: sono dunque inutili per le indagini.

Silvia, tramite il suo avvocato, fa sapere di non aver avuto l'intenzione di intralciare le indagini, ma «provava vergogna all'idea che altre persone potessero vedere foto e conoscere dati della mia vita privata e attinenti alle pratiche sessuali con il mio fidanzato Mirto Milani».

Paola si giustifica dicendo di provare vergogna all'idea «che altre persone potessero venire a sapere che ho una relazione con il fidanzato di mia sorella, Mirto Milani». Lo stesso afferma a lui, che aggiunge: «Ho sempre pensato che fosse una cosa illecita».

C'è poi il pc, che gli inquirenti trovano durante un sopralluogo nella cantina della casa di Brescia delle ragazze.

Il 7 luglio, in una conversazione tra Paola e un'amica, la figlia di Laura Ziliani afferma:«Su un canale di crime Mirto ha fatto ricerche su come uccidere la gente, piante velenose, crimini perfetti, serial killer, torture».

Quel malore dopo cena

Nel corpo di Laura Ziliani sono state trovate tracce di bromazepam, «un composto con azione ansiolitica e ipnoinduttrice». Un flacone contenente Bromazepan Sandoz pieno fino a un terzo è stato trovato nell'appartamento a Brescia che i tre arrestati condividevano. Nessun medico aveva mai prescritto questo farmaco all'ex vigilessa.

Già a metà aprile, secondo qui inquirenti, Laura Ziliani era stata avvelenata con una tisana al termine di una cena dopo una passeggiata impegnativa in Presena. Per i due giorni successivi alla cena - hanno raccontato alcuni testimoni - la donna si era sentita poco bene. Si profila dunque anche il quadro della premeditazione dell'omicidio. Ciò che hanno detto riferito i testimoni «circa le condizioni della Ziliani dopo tale cena - scrive il gip nell'ordinanza - dimostra come l'episodio in questione altro non fosse che il prodromo dell'omicidio consumatosi nella notte dell'8 maggio 2021».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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