Omicidio Ziliani, tre versioni e tre verità: qual è la vera Silvia Zani?

Prima si è assunta tutte le colpe. Poi ha detto che il piano per uccidere la madre è stato studiato e pensato con la sorella e il fidanzato e infine ha puntato il dito contro quest’ultimo. E a questo punto viene da chiedersi quale sia la vera Silvia Zani, quale sia la verità - se davvero ne esiste una e soltanto una - della figlia maggiore di Laura Ziliani, accusata di omicidio volontario premeditato in concorso con la sorella minore Paola e con Mirto Milani, diventato tra il 30 marzo e oggi, ex. E soprattutto il grande accusato. Tre le versioni differenti fornite da Silvia. Non sulla dinamica dell’omicidio, ma su chi ha preso la decisione di commetterlo.
La lettera
Il 2 febbraio scorso, di rientro in carcere da un’udienza, Silvia, in una lettera scrive a Mirto. «Avevi gli occhi stanchi e pieni di dolore. Mi dispiace così tanto, cuore. Soffro del tuo dolore e desideravo ardentemente abbracciarti. Ho provato solo amore e tenerezza a guardarti. Rispondimi con il cuore in mano. Ho visto tutto il dolore e l’umiliazione e la tristezza in quegli occhi. La metà del nostro cuore soffre a vedere l’altra sanguinante. Mai come oggi che ti ho guardato, mi sono sentita la metà della mela. Parliamo dell’udienza, ti va?» chiede.«Ho capito che sono stata io e solo io ad ucciderla. Io a portare il sacchetto e il velcro e dopo averglielo messo in testa l’ho uccisa. Forse quando sei venuto era già morta. L’ho fatto tutto io in quattro minuti. Forse ti ho anche manipolato io senza volerlo. Te lo giuro. Ma la colpa è più mia che vostra. Io l’ho uccisa. Ti ho sgridato e ti ho convinto. Mi sono sempre imposta. Perdonami. Non ti ho mai chiesto scusa, ma perdonami, perdonami, perdonami. Ti amo ma sono convinta di averti manipolato. E ti ho ucciso come ho ucciso mia sorella. Scusa» sono le ultime parole di una lettera mandata da Verziano.
In aula
Passano 56 giorni, siamo al 30 marzo, e Silvia Zani è la prima a rendere esame durante il processo davanti alla Corte d’Assise. E cambia in parte versione. «Le scelte venivano sempre prese tutti insieme. Ragionavamo come una testa sola, nessuno aveva la libertà di pensare in autonomia». Così la fisioterapista di 29 anni ricostruisce anche la pianificazione dell’omicidio della madre: «C’erano momenti in cui qualcuno era insicuro, voleva tornare indietro, ma era sempre la maggioranza a vincere. I due più forti riportavano l’altro sulla strada decisa in precedenza, insieme. Non c’era la volontà del singolo, ma abbiamo agito insieme». E sul momento dell’omicidio aggiunge: «Io inizio a soffocare mamma con le mani al collo e Paola con il suo peso l’ha tenuta ferma. Succede che si dimena e alla fine muore. Penso che quando è intervenuto Mirto fosse tutto già finito». Addirittura cerca di togliere responsabilità a Mirto. Ma nell’udienza di giovedì invece lo attacca.
Le ultime accuse
«Pur volendo tanto bene a Mirto, posso dire che l’idea iniziale dell’omicidio è stata sua. Quando ho ucciso mia mamma ero convinta che lei volesse ucciderci. Ora non sono più convinta che volesse ucciderci. Ho paura che mi abbia manipolato Mirto» le sue parole messe a verbale giovedì. «È stato Mirto a propormi il veleno, lui mi ha detto di aver visto le puntate della serie tv Dexter che lo usava. Pendevo dalle sue labbra». Tre versioni e tre verità. «Perché ora - si è giustificata - sto facendo un percorso psicologico».
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