Omicidio Ziliani, dalla scomparsa alle confessioni: la ricostruzione
Per poco più di quattro mesi è stato chiamato il «giallo di Temù». Poi, per tutti, è diventato l’omicidio di Laura Ziliani. Nel mezzo, il ritrovamento del cadavere, tre arresti e tre confessioni. All’avvio del processo davanti alla Corte d’Assise di Brescia, in cui le figlie e il fidanzato della maggiore sono accusati dell’omicidio e dell’occultamento del cadavere, ricostruiamo le tappe di una vicenda che ha sconvolto la nostra provincia e l’Italia intera.
La scomparsa
Laura Ziliani, 55 anni, scompare nel nulla l'8 maggio 2021, durante un weekend con le figlie. Lei, ex vigilessa di Temù, da anni vive in città con la figlia mezzana, ma spesso torna a trovare le altre due nel paesino della Valcamonica. Qui, la donna ha vissuto per anni con il marito, morto tragicamente nel 2012 dopo essere stato travolto da una valanga in val d’Avio. Sempre qui, la donna possiede diversi appartamenti e ha mantenuto una rete di amicizie, costruite negli anni. E proprio a Temù, di cui conosce benissimo ogni sentiero da esperta escursionista qual è, sparisce.
Quel fine settimana, Laura Ziliani era in Valcamonica per festeggiare con le figlie la Festa della mamma. Saranno proprio Paola e Silvia Zani, 20 e 28 anni, a lanciare un disperato appello a poche ore dal mancato rientro della mamma da una camminata in montagna. In casa con loro, in via Ballardini, da qualche mese abita anche Mirto Milani, fidanzato e coetaneo della sorella maggiore. Tutti e tre, si scoprirà dopo appena pochi giorni, stanno mentendo.
Le ricerche scattano immediatamente: i volontari setacciano la zona, dragano il fiume che attraversa il paese, ma di Laura non c’è traccia. L’unico ritrovamento lo farà un residente della zona: il 23 maggio vicino al torrente Fiumeclo spunta una scarpa. La descrizione corrisponde in ogni dettaglio alla Salomon viola e arancio che apparteneva donna scomparsa. Tempo dopo, si scoprirà che quella calzatura era stata piazzata lì proprio per depistare gli inquirenti: l’abitante di Temù che l’ha trovata poco prima aveva visto, mettendosi alla finestra con il binocolo, due persone addentrarsi nel bosco. Stando a quanto poi ha spiegato Milani negli interrogatori, in quel momento stavano cercando di recuperare invano la calzatura, dopo essersi pentiti di averla posizionata.
Le indagini
Il 28 giugno 2021, le sorelle Zani vengono iscritte nel registro degli indagati: sono accusate dell’omicidio volontario della madre. Nel fascicolo finisce anche Mirto Milani. Secondo il sostituto procuratore Caty Bressanelli, i loro racconti presentano diverse incongruenze e ci sono troppe cose che non tornano. Le telecamere sul territorio di Temù, ad esempio, non hanno mai immortalato Laura Ziliani nella mattina di sabato. Il suo cellulare è stato ritrovato, incastrato tra una panca e le scale, nella cantina della palazzina.
Il ritrovamento
Il corpo di Laura Ziliani viene trovato l’8 agosto 2021, a tre mesi esatti dalla scomparsa, da un bambino in gita a Temù con i genitori. Il cadavere è nascosto in un cespuglio lungo l’argine del fiume Oglio, lungo la pista ciclabile dell’Alta Valle, poco distante dalla centrale Edison. Addosso ha solo indumenti intimi e gli orecchini: Laura Ziliani viene riconosciuta da una ciste sotto il piede destro e l’esame del Dna conferma la sua identità. Sul suo corpo, non ci sono segni evidenti di violenza.
L’autopsia evidenzia tracce di farmaci negli organi: si tratta di benzodiazepine, in quantità sufficiente per stordirla ma non per ucciderla. Dall’analisi dei medici legali, emerge che la causa della morte è il soffocamento. In quanto al momento del decesso, viene confermato il periodo tra il 7 e l’8 maggio 2021, come ipotizzabile dai resti di muffin trovati nello stomaco. Un dolce, preparato e decorato per la Festa della mamma, che Laura ha mangiato la sera stessa del suo arrivo.
Gli arresti e le confessioni
All’alba del 24 settembre 2021 i componenti del «trio criminale», come erano stati definiti dal gip Alessandra Sabatucci, vengono arrestati. Le sorelle Paola e Silvia Zani entrano mano nella mano nel carcere femminile di Verziano, dove condividono la cella, mentre Mirto Milani finisce a Canton Mombello. I tre all’inizio scelgono la via del silenzio: non diranno niente per mesi. Poi, la svolta: registrato da alcune microspie, Mirto ammette al compagno di cella l’omicidio dell’ex vigilessa, così come l’esistenza di una fossa scavata nei boschi di Temù, dove la donna doveva essere sepolta. Il detenuto che accoglie le sue confidenze, però, collabora con chi indaga.
Messo con le spalle al muro, il giovane il 24 maggio 2022 confessa anche davanti al pubblico ministero. Pochi giorni dopo, lo faranno entrambe le sorelle Zani.
Gli interrogatori
Sono emersi alcuni dettagli, inquietanti, dagli interrogatori dei tre rei confessi. Silvia Zani nega il movente economico indicato dagli inquirenti e spiega: «Eravamo disperati per i tentativi di mia madre di ucciderci e non sapevamo cosa fare». La figlia maggiore racconta che Laura Ziliani avrebbe messo candeggina nel latte e una sostanza caustica nel sale per ucciderle, da qui il loro desiderio di mettere fine alla sua vita.
Tentativi che iniziano quasi due anni prima, ad agosto del 2020: antigelo nelle tisana, poi nel vino, ricino nei bocchettoni dell’aria dell’auto, poi in una torta. Tutti tentativi ispirati da alcune serie tv - «Breaking Bad», «I Borgia», «Dexter» - e falliti. Come la prova generale del 16 aprile 2021, quando i tre farciscono dei muffin di benzodiazepine, intontendo la donna per più di 36 ore.A quel punto, i tre decidono per lo strangolamento. La sera del 7 maggio 2021, prima la stordiscono con dei calmanti camuffati in un muffin decorato per la Festa della mamma, poi la soffocano. «Io ho dato loro una mano - dice Mirto -. ma hanno cucinato loro. Sono sempre state delle brave pasticcere e sapevamo che Laura era golosa».
L’ex vigilessa viene immobilizzata a letto dalla figlia Paola, che le si butta addosso di peso, e prima l’altra figlia Silvia e poi Mirto - per loro stessa ammissione - le stringono le mani al collo. Secondo quanto messo a verbale, i tre hanno poi indossato calzari, guanti, tute da imbianchino e cuffie da doccia e hanno messo il corpo nella buca. «È stato per me il momento più brutto - conclude Silvia -. Restare nel bosco al buio mi ha fatto realizzare che avevo ucciso mia madre».
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