Omicidio di Laura Ziliani, «La mamma ci faceva sentire sbagliate»
Si sentivano sbagliate, inadeguate, inferiori rispetto alla madre. Sarebbe questo, secondo quanto trapelato dalle confessioni in carcere a Verziano delle sorelle Paola e Silvia Zani, 20 e 27 anni, il disagio psicologico che le avrebbe spinte ad uccidere la madre, la 55enne Laura Ziliani, con l’aiuto di Mirto Milani, fidanzato della più grande.
La donna il 7 maggio 2021 sarebbe stata finita a mani nude da Silvia e Mirto, dopo essere stata intontita con una massiccia dose di benzodiazepine, per poi infilarle un sacchetto in testa. Poi, con la collaborazione di Paola, si sono occupati di far sparire il corpo, caricandolo in auto per poi sbarazzarsene nel bosco di Temà.
Un rapporto logorato
Tutti e tre hanno negato il movente economico, spiegando che non l’hanno strangolata a mani nude per impossessarsi dei suoi soldi. Il «trio criminale», come li definì il gip Alessandra Sabatucci nell’ordinanza di custodia cautelare, avrebbe agito a causa di una rabbia scaturita da «rapporti famigliari tesissimi, logorati da tempo». Secondo le sorelle Zani, che vivevano in uno dei numerosi appartamenti di famiglia a Temù dove Laura Ziliani le raggiungeva nel weekend, l’ex vigilessa le sminuiva, dando loro delle inconcludenti e non ancora realizzate.La maggiore, Silvia, lavorava come fisioterapista in una casa di riposo a Ponte di Legno, mentre Paola studiava Economia e commercio. Entrambe, insieme a Mirto Milani, gestivano il patrimonio immobiliare che condividevano con la madre, che le fruttava un consistente reddito mensile. In quanto a Milani, cantante lirico bergamasco che però viveva in pianta stabile a Temù con le due sorelle, anche lui durante la sua confessione avrebbe respinto il movente economico, sostenendo di averlo fatto «per amore, per Silvia». Il 28enne ha poi avuto un grave crollo emotivo e ora si trova piantonato in ospedale.
La convinzione degli inquirenti
Gli inquirenti restano comunque convinti che i soldi abbiano giocato un ruolo fondamentale. Oltre allo stipendio da dipendente comunale, la Ziliani percepiva la pensione di reversibilità per la morte del marito, l’accompagnamento per la figlia mezzana e le rendite - dichiarate o meno - degli affitti dei numerosi appartamenti e terreni, di cui condivideva la proprietà con le figlie. Proprio sull’attaccamento del «trio criminale» ai soldi si era espressa anche Marisa Cinelli, madre della Ziliani, che aveva testimoniato agli inquirenti quanto Mirto e le nipoti fossero «troppo attaccate al denaro».
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