Messa per ricordare il notaio Camadini nella sua Valcamonica
Il 25 luglio 2012 moriva Giuseppe Camadini, era nato il 10 giugno 1931. Un uomo di pensiero e di azione che ha vissuto nel solco di quella tradizione del cattolicesimo bresciano rappresentato, tra le figure più autorevoli (e a Camadini particolarmente care), da Giuseppe Tovini e Vittorino Chizzolini.
Il notaio Camadini, vocato all’educazione dei giovani nei quali nutriva grande fiducia, è stato per sessant’anni il punto di riferimento, motore e perno, delle più varie realtà in campo civile e religioso. Per trent’anni presidente dell’Istituto Paolo VI, Camadini ha sempre tenuto fede al mandato ricevuto da Giovanni Paolo II il 26 gennaio 1980: «Studiate Paolo VI con amore, studiatelo con rigore scientifico, studiatelo con la convinzione che la sua eredità spirituale continua ad arricchire la Chiesa e può alimentare le coscienze degli uomini, tanto bisognosi di parole di vita eterna».
Il decimo anniversario della morte è stato l’occasione per approfondire ulteriormente questa figura così straordinaria. Oggi, sabato 23, l’ultimo appuntamento, alle 11 nel monastero di San Salvatore a Capo di Ponte verrà celebrata una messa presieduta dal vicario episcopale don Pietro Chiappa. Verrà letto un ricordo personale del cardinale Giovanni Battista Re, decano del collegio cardinalizio, sincero amico di lunga data del notaio Camadini; ad unirli anche la comune origine camuna, il cardinale Re di Borno, la famiglia Camadini di Sellero.
Nelle scorse settimane la Fondazione Giuseppe Tovini ha organizzato un convegno che si è svolto al salone Vanvitelliano di palazzo Loggia; sono intervenuti Ernesto Galli della Loggia, «I cattolici nell’Italia delle transizioni»; Maria Bocci, «Tovini e Montini»; Paolo Corsini, «Giuseppe Camadini: una sensibilità etico-politica che si riverbera nell’educazione e nelle istituzioni».
«Giuseppe Camadini amava e serviva la istituzioni, non per l’autoconservazione, ma per i loro fini umani, morali e spirituali» ha sottolineato durante l’incontro il presidente della Fondazione Tovini, Michele Bonetti. « Di lui - ha detto Bonetti - voglio sottolineare la testimonianza nei riguardi dei giovani, perché operassero nella vita quotidiana per fare il bene». Il presidente della Tovini ha ricordato una frase che il notaio camuno diceva loro spesso, una sollecitazione morale: «Guardare avanti e guardare in alto». Un insegnamento che è un faro per chi ambisce a raccoglierne gli inseguimenti e seguirne le orme.
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