L'impresa sull'Himalaya dell'alpinista 30enne di Esine
Dalla Valcamonica all’Himalaya e ritorno, con un’esperienza fantastica da raccontare sulla catena che accoglie le montagne più alte del mondo. Il trentenne alpinista di Esine Leo Gheza, membro del Club Alpino Accademico Italiano, nelle scorse settimane in Nepal ha arricchito il suo già corposo bagaglio di salite con una nuova via sulla parete nord del Kondge Ri. Tra i membri della spedizione, alla quale hanno partecipato anche quattro guide alpine valdostane, tre appartenenti alla Società delle Guide del Cervino (Francesco Ratti, François Cazzanelli e Jerome Perruquet) e Emrik Favre delle Guide alpine di Champoluc.
Rinuncia prudenziale
La spedizione è stata accolta nei primi giorni trascorsi al campo base da condizioni meteorologiche avverse, che hanno costretto a valutare con attenzione le pareti da affrontare. Il primo tentativo di gruppo alla vetta del Tengkangpoche, progettato a ridosso del pilastro Nord lungo una linea già tentata senza successo nel 2002 da una spedizione francese, si è concluso con una prudenziale rinuncia alla quota di 5.400 metri, proprio per evitare il pericolo dell’esposizione a crolli e slavine.
Cambio di obiettivo
Il nuovo obiettivo si è palesato agli alpinisti osservando la parete nord del Kondge Ri. E non stata una scelta di ripiego, come racconta con entusiasmo lo stesso Gheza: «Siamo partiti per affrontare questa nuova parete separandoci, dato che salire tutti la stessa via avrebbe potuto creare problemi alla cordata che segue. La partenza dal campo base, alla quota di 4.300 metri, è avvenuta la mattina presto, e l’uscita in cresta con la luce della frontale verso le sei del pomeriggio, giusto in tempo per montare la tenda, mangiare un boccone e infilarci nei sacchi a pelo, dopo una giornata impegnativa e fredda, dato che non siamo mai stati esposti al sole. Le due cordate hanno realizzato due nuove vie con difficoltà simili».
Ancora più su
L’avventura non si è conclusa qui: «Abbiamo deciso di riunirci per proseguire in gruppo sulla lunga e articolata cresta che abbiamo salito fino alla quota di 6.100 metri, dove abbiamo montato la tenda e allestito il nostro secondo bivacco. Il terzo giorno il sole dell’alba ci ha riscaldato già durante la colazione. Siamo ripartiti sotto un cielo limpido che ci ha accompagnato verso la cima. Non c’era però da dedicare troppa attenzione al panorama, dato che la cresta di neve molto affilata ha richiesto continua concentrazione. Abbiamo raggiunto la cima del Tengkangpoche (6.490 metri) verso le 13, ma il vento forte non ci ha lasciato godere troppo della circostanza». Un bilancio certamente positivo... «Sì. Avere avuto la possibilità - conclude l’alpinista camuno - di scalare queste montagne, e anche di volarci attorno con il parapendio, è stata un’esperienza unica».
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